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Il disturbo della condotta (DC): prima parte

Il disturbo della condotta (DC): prima parte

Benritrovati! In questo articolo inizierò a presentarvi quello che è il disturbo della condotta (DC), uno dei disturbi del comportamento. In particolare in questa prima parte ci concentreremo su quelle che sono le sue principali caratteristiche; nel secondo articolo che uscirà a breve invece parleremo più nel dettaglio delle cause e del trattamento. Quindi non perderti questo appuntamento!

La caratteristica clinica principale del Disturbo della Condotta è la sistematica e persistente violazione dei diritti dell’altro e delle norme sociali, con conseguenze molto gravi sul piano del funzionamento scolastico e sociale.

La fenomenologia del disturbo si caratterizza principalmente per la presenza di aggressività a diversi livelli.  I bambini e gli adolescenti con disturbo della condotta possono mostrare un comportamento prepotenteminaccioso o intimidatorio, innescare intenzionalmente colluttazioni, rubare affrontando la vittima, costringere l’altro a fare cose che non vuole, fino all’abuso sessuale.

Il Disturbo si abbina di solito ad altri disturbi quali: il Disturbo Oppositivo Provocatorio, il Deficit di Attenzione/Iperattività, ansia e depressione, cambi repentini d’umore (Disturbo Bipolare), basso livello intellettivo e problemi scolastici.

Tutto questo ha un effetto negativo sul funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.

Questi bambini, eccessivamente sensibili a stimoli ostili e tendenti a compiere errori di valutazione rispetto alle intenzioni da parte degli altri trovano nel comportamento aggressivo, nelle soluzioni orientate all’azione diretta, la propria modalità di fronteggiare le circostanze.

Si riscontrano anche scarsa capacità cooperativa, basso livello di empatia e una sovrastima della rabbia.

La tendenza di questi ragazzi è orientata alla rivincita e alla dominanza invece che all’affiliazione, e viene attribuito poco valore alla sofferenza degli altri. I comportamenti aggressivi vengono emessi con l’aspettativa di produrre ricompense tangibili e di ridurre le reazioni aggressive, per lo più presunte, degli altri. Anche l’attenzione sembra essere danneggiata con difficoltà a recuperare in memoria soluzioni più adeguate e funzionali. Durante la preadolescenza non è difficile riscontrare bassa autostima.

Quali sono le caratteristiche principali del disturbo?

Il Disturbo della Condotta dipende molto dagli aspetti cognitivi dei bambini che ne soffrono.

Possiamo notare nel comportamento dei ragazzi affetti da disturbo della condotta:

  • la tendenza ad essere aggressivi e prepotenti
  • la volontà di intimorire gli altri dando inizio a discussioni e colluttazioni fisiche
  • una certa crudeltà e un piacere nell’infliggere sofferenza fisica (anche nei confronti di animali)
  • il ricorso ad armi o oggetti in grado di arrecare danni fisici ad altri, come coltelli, bastoni, pistole
  • la messa in atto di aggressioni a scopo di furto, scippi, estorsioni di denaro, rapine a mano armata.

In alcuni casi potrebbero essersi verificati episodi in cui hanno volontariamente appiccato il fuoco o distrutto proprietà altrui per il gusto di provocare danni o episodi in cui hanno cercato di forzare qualcuno ad avere con loro approcci sessuali. Il disturbo è considerevole per le pesanti conseguenze personali e sociali che la questione presenta. Ci possono essere situazioni di:

Aggressioni a persone o animali:

  • spesso fa il prepotente, minaccia o intimorisce gli altri;
  • dà inizio ad episodi di bullismo;
  • spesso dà inizio a colluttazioni fisiche;
  • ha usato un’arma che può causare seri danni fisici ad altri (per es., un bastone, una barra, una bottiglia rotta, un coltello, una pistola)
  • è stato fisicamente crudele con le persone;
  • è stato fisicamente crudele con gli animali;
  • ha rubato affrontando la vittima (per es.: aggressione, scippo, estorsione, rapina a mano armata).

 

Distruzione della proprietà:

  • ha deliberatamente appiccato il fuoco con l’intenzione di causare seri danni;
  • ha deliberatamente distrutto proprietà altrui (in modo diverso dall’appiccare il fuoco).

 

Frode o furto:

  • è penetrato in un edificio, un domicilio, o un’automobile altrui;
  • spesso mente per ottenere vantaggi o favori o per evitare obblighi (cioè, raggira gli altri);
  • ha rubato articoli di valore senza affrontare la vittima (per es., furto nei negozi, ma senza scasso; falsificazioni).

 

Gravi violazioni di regole:

  • spesso trascorre fuori la notte nonostante le proibizioni dei genitori, con inizio prima dei 13 anni di età;
  • è fuggito da casa di notte almeno due volte mentre viveva a casa dei genitori o di chi ne faceva le veci (o una volta senza ritornare per un lungo periodo);
  • marina spesso la scuola, con inizio prima dei 13 anni di età.

Se finora quello che hai letto ti ha incuriosito, non perderti la seconda parte. Lì si approfondiranno quelle che le ricerche sostengono essere le cause del disturbo e quello che invece è il trattamento.

A cura della Dott.ssa Mara Gazzi 

Bibliografia

  • DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali M. Biondi (Curatore) Cortina Raffaello, 2014 di Pietro Muratori (Autore), Furio Lambruschi (Autore), Cristian Stenico (Illustratore), Annarita Milone (Prefazione)

  • Il disturbo della condotta di Daniele Fedeli, Carocci, 2011
  • L’intervento cognitivo-comportamentale per l’età evolutiva. Strumenti di valutazione e tecniche per il trattamento di Mario Di Pietro (Autore), Elena Bassi (Autore)

Il tutor dell’apprendimento: scopriamo insieme chi è e cosa fa!

Il tutor dell'apprendimento: scopriamo insieme chi è e cosa fa!

Il tutor dell’apprendimento è una figura professionale esperta principalmente in DSA e BES… e con questo?

Il tutor è una figura professionale che attraverso una formazione specifica ha acquisito competenze e conoscenze relative ai disturbi dell’apprendimento e ai bisogni educativi speciali e ciò che ne consegue quali strumenti, metodologie e strategie funzionali.

Il professionista ha il compito di accompagnare il bambino o il ragazzo verso un percorso di autonomia personale e scolastica guidandolo nella scelta di strumenti e strategie utili al proprio funzionamento.

L’accompagnamento di cui parlo potremmo definirlo un affiancamento strutturato basato su alcuni valori quali fiducia, collaborazione e consapevolezza. È proprio quest’ultima parola uno dei principali obiettivi di tale intervento. È opportuno, durante gli incontri, lavorare sulla consapevolezza, del bambino o del ragazzo, per quel che riguarda le sue potenzialità e in particolar modo sulle sue fragilità e difficoltà; questo per renderle fonte di successo e non fonte di stress e insuccesso scolastico.

Lo Studio Progetto Vita da quest’ anno offre questo nuovo servizio ma con una particolarità; l’intervento verrà svolto a casa vostra.

Perchè l'intervento sarà domiciliare?

La scelta dell’intervento domiciliare è dovuta all’importanza che il contesto assume in un momento di apprendimento quale lo studio o lo svolgimento dei compiti. La gestione dello spazio, del tempo e dei materiali sono fondamentali e non possono che essere stabiliti in un ambiente familiare al bambino.

Un altro obiettivo fondamentale è la ricerca e la costruzione di un metodo di studio efficace e creato su misura. È proprio dai bisogni del bambino che dobbiamo partire attraverso un potenziamento mirato.

Per scoprire il nostro servizio più nel dettaglio contattateci alla nostra mail o chiamate al 351 78 53 087.

Dott.ssa Giorgia Ghiraldini

Educatrice socio-pedagogica

Impara a decidere bene: ecco 3 consigli!

Impara a decidere bene: ecco 3 consigli!

Ben ritrovato e buon 2023!

In questo articolo ho scelto di parlarti di decisioni, tutti noi nel momento in cui ci svegliamo al mattino iniziamo a decidere; questo non significa saper decidere bene però.

Mi spiego meglio, alcune nostre decisioni sono automatiche mentre altre richiedono giorni di ragionamenti e rappresentano un processo più lungo e impegnativo.

DECIDERE implica mettere in atto un comportamento volontario e intenzionale, di solito l’atto di decisione è rappresentato da un ragionamento di scelta dell’alternativa più adeguata all’interno di una serie di opzioni (Pravettoni, Leotta, Russo, 2015).

Noi tutti cerchiamo di essere razionali nel momento in cui prendiamo una decisone questo perché possiamo definire la razionalità proprio come quella capacità di scegliere tra più alternative quella che permette la massima resa con il minimo sforzo/rischio. 

Sin dalla Grecia ci si è chiesti come questo fenomeno accadesse, grazie all’avvento delle neuroscienze e al crescente interesse per le funzioni cognitive simo riusciti ad avere una visione più chiara di cosa accade durante questo processo.

Le funzioni esecutive sono un insieme di abilità che permettono di adattarsi all’ambiente, un esempio di funzioni esecutive sono l’attenzione, il linguaggio, la memoria… queste funzioni sono ovviamente implicate anche nella capacità di prendere decisioni, pianificare i propri obiettivi e le proprie strategie considerando anche quelle che sono gli effetti a breve e a lungo termine.

È facile immaginare che questo processo sia estremamente complesso e che venga a sua volta influenzato da altri processi come, per esempio, disfunzioni o difficoltà cognitive (distrazione o impulsività giusto per citarne alcune) ma anche da interferenze emotive, quante decisioni hai preso seguendo quello che ti diceva la tua “pancia”? Quante di queste decisioni si sono rivelate delle buone decisioni? Non molte, credo…

Quali possono essere allora dei consigli utili per iniziare a prendere delle buone decisioni?

  1. Conta fino a 10
  2. Cosa vuoi ottenere? Scegli qual è il tuo scopo e il tuo obiettivo, ciò che vuoi ottenere dalla tua decisione.
  3. Fai una lista di pro e contro e assegna a ciascuno il peso che secondo te riveste su una scala da 0 a 10, poi basterà solo fare delle addizioni.

Spero che questo breve articolo ti sia stato utile, io sono Veronica Griguoli, sono una psicologa e all’interno di Studio Progetto Vita mi occupo di percorsi di sostegno rivolti sia agli adulti sia ai ragazzi. Se hai dubbi o vuoi saperne di più contatta il centro o commenta, sarò felice di risponderti.

Dott.ssa Veronica Griguoli

Bibliografia:

  • Ariely, D. (2008). Predictably irrational. New York: Harper Collins Publishers.
  • Blundo, C. (2011). Neuroscienze cliniche del comportamento. Terza edizione. Milano: Elsivier Srl.
  • Damasio, A. R. (1995). L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano. Milano: Adelphi Edizioni s.p.a.
  • Evans, J. S. B. T. (2014). Rationality and the illusion of choice. Frontiers in Psychology, 5, 104.
  • Goel, V., Navarrete, G., Noveck, I. A. & Prado, J. (2017). Editorial: The reasoning brain: The interplay between cognitive neuroscience and theories of reasoning. Frontiers in Human Neuroscience, 10, 673.
Il ruolo delle funzioni esecutive: l’attenzione

Il ruolo delle funzioni esecutive: l’attenzione

In uno dei precedenti articoli abbiamo affrontato assieme il tema delle funzioni esecutive, dei processi mentali e psicologici che ognuno di noi mette in atto quotidianamente e che giocano un ruolo cruciale nell’intero arco di vita di ciascun individuo, influenzando le nostre scelte e permettendoci di raggiungere piccoli e grandi obiettivi.

Negli articoli che seguiranno, andremo ad approfondire nel dettaglio ognuna di esse dapprima con alcune indicazioni teoriche e in seguito con alcuni spunti di applicazione sulla base del nostro lavoro in seduta con bambini e ragazzi.

Partiamo dall’attenzione! Essa può essere definita come l’insieme di processi neuropsicologici che consentono di selezionare alcuni aspetti rilevanti dell’ambiente esterno, e contemporaneamente, di inibire gli stimoli distraenti. Si tratta quindi di un’importante operazione di filtro al fine di captare i segnali in arrivo.

Provate a chiedervi cosa accadrebbe se, nella nostra quotidianità, questa operazione così immediata ma articolata non ci fosse: il nostro cervello verrebbe bombardato da una moltitudine di stimoli e informazioni di natura visiva, olfattiva, tattile e acustica, in arrivo dall’ambiente che ci circonda, senza avere la possibilità di selezionare ciò che è maggiormente rilevante in quel preciso istante avendo come risultato un sovraccarico cognitivo che impedisce lo svolgimento anche dalla più banale attività. 

Funzione chiave dell’attenzione è infatti quella di evitare interferenze tra stimoli compresenti in modo tale che le azioni siano coordinate e finalizzate all’obiettivo preposto.

Ora, immaginate di essere in un centro commerciale o ad una festa affollata e rumorosa, in compagnia di un vostro amico; per quanto gli stimoli e i rumori siano tanti sarete ugualmente in grado di distinguere la voce del vostro interlocutore. Questo è ciò che da Cherry, psicologo sociale degli anni ’50, ha chiamato effetto “cocktail party”, e che ci viene utile per spiegare in modo semplice ed intuitivo il funzionamento dell’attenzione selettiva.

Oltre all’attenzione selettiva vi sono però altre sotto-componenti dell’attenzione quali l’attenzione divisa e l’attenzione sostenuta. L’attenzione divisa è la capacità di prestare attenzione a più stimoli simultaneamente; l’attenzione sostenuta è invece la capacità di prestare e mantenere attenzione per un tempo dilatato.

 

Tutti questi aspetti sono cruciali non solo per lo svolgimento delle comuni azioni quotidiane che riguardano tutti noi, ma anche, e soprattutto, per i bambini e ragazzi ai quali, nel loro percorso scolastico viene spesso richiesto di prestare attenzione e selezionare più informazioni per periodi prolungati.

Ecco perché spessissimo, nel nostro lavoro di clinici, proponiamo ai nostri bimbi e ragazzi dei percorsi mirati al potenziamento delle abilità attentive. 

Tra le varie attività che proponiamo per allenare l’attenzione vi sono: 

  • Attività di barrage, utili per potenziare l’attenzione selettiva; esse consistono nel presentare ai bambini una scheda ricca di stimoli chiedendo loro di direzionare l’attenzione su uno stimolo target. Gli stimoli proposti possono essere colori, figure, numeri, immagini e possono essere presentati in maniera ordinata e sequenziale o casuale;
  • Attività di doppio compito (dual task) utili per potenziare l’attenzione divisa e che consistono nel richiedere ai bambini di svolgere due compiti differenti in maniera simultanea; ad esempio, tra le attività di doppio compito che propongo ai bambini e che li diverte molto vi è quella di nominare una serie di immagini presentate e in contemporanea contare il numero di animali osservati; ovviamente le richieste possono essere variate utilizzando altre categorie (colori, frutti, oggetti) così come possono essere variate le richieste di compito proponendo ad esempio di eseguire movimenti con le mani o sequenze grosso-motorie. 
  • Attività in movimento, lavorando sui processi attentivi attraverso l’utilizzo del corpo
  • Utilizzo di software specifici che ci permettono di lavorare sull’attenzione attraverso il canale digitale, molto più accattivante e stimolante per il bambino.

Oltre alle attività su scheda, non mancano i giochi da tavolo che voi stessi potrete usare in famiglia; Per scoprire quali sono i giochi che utilizziamo in seduta per lavorare sull’attenzione, vi invito a seguire sui nostri social la rubrica “AllenaMente” attraverso la quale vi accompagneremo nel fantastico mondo del gioco in scatola.

Dott.ssa Levorato Benedetta

Psicologa dell’età evolutiva

Bibliografia:

  • Cherry E.C. (1953), Some experiments on the recognition of speech with one and two ears, “J AcoustSoc Am” vol 25, pp. 975-979
  • Posner M. e Peterson S.E. (1990), The attentional system of the human brain, “Annu Rev Neurosci”, vol. 13, pp. 25-42.
  • Vallar G. e Papagno C. (2007), Manuale di Neuropsicologia, Bologna, il Mulino, pp. 223-237.
  • Marotta L. e Varvara P. (2013), Funzioni esecutive nei DSA – Disturbo di Lettura: Valutazione e Intervento, Trento, Edizioni Erickson, pp. 38-48 e 115-123.
4 ottimi motivi per cui portare il vostro neonato dall’Osteopata!

4 ottimi motivi per cui portare il vostro neonato dall’Osteopata!

Ieri, accompagnando all’uscita dello studio una coppia di neogenitori con il loro piccolo di due mesi e facendo entrare la Paziente successiva mi è stata rivolta, da quest’ultima, la seguente domanda: ma perché mai un bimbo così piccolo avrebbe bisogno dell’Osteopata?

Ovviamente nel rispetto del segreto professionale ho risposto in maniera concisa: Lei non reputa forse il parto come un momento traumatico anche per il bimbo oltre che per la madre? E se fosse un modo per fare vera prevenzione?


Riflettendo su quanto è avvenuto in studio ho pensato fosse necessario dare almeno 4 ottimi motivi per cui portare il vostro neonato dall’Osteopata!

Si potrebbe pensare quindi che un neonato o un bambino non abbia bisogno di una visita osteopatica data la sua giovanissima età, ma obiettivamente non c’è nulla di più sbagliato!

Accompagnare il proprio neonato dall’Osteopata è in realtà un’ottima scelta. L’elemento cardine da cui dovrebbe partire l’idea di questa scelta è tenere in considerazione che un bimbo appena nato ha trascorso ben 9 mesi all’interno della pancia della madre, in una condizione estremamente ristretta e in assenza di forza di gravità. Elementi che dovrà iniziare a gestire fin da subito, insieme alla capacità autonoma di respirazione polmonare, la luce negli occhi, i rumori ambientali e la sensazione termica del freddo da cui era protetto dal liquido amniotico, oltre al senso di sete e di fame che finora gli erano sconosciuti.

Ma analizziamo nel dettaglio questi 4 ottimi motivi!

  • Riequilibra i sovraccarichi della vita intrauterina e le tensioni causate dal parto

Come anticipato, la gravidanza permette al bimbo la crescita in uno spazio protetto e sicuro ma al contempo molto ristretto in cui si possono creare posture e tensioni a livello di varie strutture muscolo-scheletriche. L’opportunità di valutare e gestire già dalla prima infanzia eventuali scompensi della struttura ossea e disfunzioni dell’apparato membranoso e legamentoso può evitare lunghi percorsi di cura una volta adulti. Sin dalla vita intrauterina il feto può aver subìto condizionamenti che ne hanno provocato un disadattamento funzionale. Ad esempio, se durante la gravidanza la mamma soffre di problematiche muscolo scheletriche (sciatalgie o lombalgie), viscerali o sistemiche, probabilmente tutte le strutture coinvolte non riescono a compensare le richieste di un continuo adattamento dato dalla crescita del feto.

Il bacino inoltre, non essendo nella migliore condizione per affrontare gestazione e parto, può provocare compressioni anomale al futuro neonato ancora prima di nascere.

Inoltre, il momento del parto può causare ulteriori traumi alle strutture del neonato che magari non riuscirà a risolvere spontaneamente. Un parto lungo e difficile, che richiede magari l’utilizzo di farmaci o strumenti quali la ventosa, può segnare in modo importante i tessuti così delicati di un neonato. Il cranio ha sì la capacità di assorbire questi stress durante un parto naturale, ma alcuni neonati hanno le risorse necessarie per gestirne gli effetti in maniera eccellente, per altri il percorso è ben diverso e manifestano alcuni disturbi, che l’Osteopatia è in grado di intercettare e risolvere.

  • Ripristina le anomalie funzionali dell’apparato muscolo-scheletrico

L’intervento osteopatico consente il ripristino del corretto funzionamento strutturale del neonato, facilitando in questo modo il processo di sviluppo del suo organismo. Può risolvere diversi disturbi dell’apparato muscolo-scheletrico, come ad esempio la plagiocefalia posizionale. La plagiocefalia è quella condizione di asimmetria cranica lieve, dovuta ad errate posizioni del sonno o perché il piccolo tende a tenere sempre la testa dallo stesso lato, prevenendo così l’evoluzione di diversi quadri di alterazioni funzionali che potrebbero sfociare ad esempio in problematiche visive e occlusali o posturali (es. scoliosi).

  • Tutto lo sviluppo neuromotorio trae beneficio

Un ulteriore motivo per cui l’approccio osteopatico può rivelarsi fondamentale per un neonato è la risoluzione di altre numerose problematiche dato che l’approccio non invasivo fa in modo di stimolare la naturale capacità dell’organismo a generare processi di autoguarigione. Disturbi come coliche gassose, difficoltà respiratorie, difficoltà di suzione, stipsi, difficoltà ad addormentarsi o irrequietezza in generale possono essere valutate e reintegrate nell’equilibrio corporeo attraverso l’Osteopatia, in modo tale che le tappe evolutive dello sviluppo possano essere affrontate con serenità e con le giuste potenzialità.

  • Fare prevenzione per garantirgli uno stato di Salute eccellente

L’osteopatia in ambito pediatrico è di per sé una terapia preventiva, in quanto permette di intercettare aree di mancato adattamento che con il tempo potrebbero sfociare in vere e proprie problematiche, più o meno gravi, inerenti non solo l’aspetto posturale ma anche il comportamento cognitivo, la funzionalità del sistema immunitario, la capacità di gestione degli stati infiammatori locali. Attraverso l’Osteopatia è possibile quindi risolvere in tempi brevissimi stati di alterata funzionalità, grazie alla plasticità e ricettività del sistema, generando uno stato di Salute elevato e cioè creando quell’opportunità di migliore capacità adattiva del corpo in risposta agli stimoli ambientali esterni che il bimbo affronta nel suo presente e dovrà affrontare nel prossimo futuro.

Andrea Viale DO – Osteopata

Dalla coppia alla famiglia

Dalla coppia alla famiglia

Il sistema coppia è animato da diversi attori: i partner, il modello di coppia e le aspettative di ciascuno dei due.
I comportamenti nella relazione sono influenzati di cui i partner sono portatori nella forma di schemi appresi nel corso di precedenti esperienze. Tra queste, le interazioni con le figure significative generano aspettative e modalità di entrare in relazione che si mostrano piuttosto consolidate nell’individuo. A questo si aggiunge il modello di relazione di coppia osservata tra i propri genitori.

Gli schemi appresi e il modello genitoriale di coppia costituiscono le basi, in alcuni casi favorenti e in altri
meno, della relazione con il partner adulto. In base a quanto sopra accennato, è possibile dedurre che la famiglia di origine con le sue dinamiche specifiche eserciti un’influenza rilevante nella costituzione della coppia fino a diventare, in alcuni casi, se mal gestita, motivo di crisi.

Innanzitutto, con il formarsi della coppia è importante che avvenga il processo di svincolo dalla propria famiglia di origine, che consente di vivere la relazione di coppia in modo più pieno e maturo. È ad esempio importante stabilire dei confini chiari, che si rifletterà ad esempio in una riduzione in termini di quantità e tipologia di informazioni con le rispettive famiglie di origine, a favore di una maggiore focalizzazione sulla relazione e sulla comunicazione interna alla coppia.

A volte le difficoltà di separazione dalla famiglia di origine si verificano per motivi legati alla propria storia personale e a conflitti di lealtà che fanno sentire come “tra incudine e martello”, tra partner sentimentale e famiglia di origine, come se costruirsi una famiglia equivalesse ad abbandonare o deludere in qualche modo la propria famiglia di origine.

Per arrivare a tale obiettivo è importante che l’individuo abbia raggiunto una indipendenza emotiva dalla famiglia, una capacità di giudizio autonoma e non influenzata dalle dinamiche familiari. Porre confini chiari ma permeabili tra i due sistemi relazionali, che ad esempio evitino ingerenze tra le
generazioni ma allo stesso consentano il mantenimento di un sano rapporto con le famiglie di origine, è perciò importante per scongiurare una parte dei conflitti di coppia.

Ovviamente la separazione dalle proprie famiglie di origine non dovrà essere traumatica, in quanto le fasi del ciclo di vita familiare sono scandite da eventi di transizione che richiedono una flessibile ristrutturazione dei ruoli di ciascun componente familiare. I rapporti con la famiglia di origine andranno rivisti, anche le abitudini e gli impegni di un tempo. A tale proposito in questa dinamica sarà difficile per l’altro partner inserirsi per introdurre nuove dinamiche e sostituire gli spazi familiari introducendo quelli nuovi, di coppia; questo per almeno due motivi: il rispetto per tali dinamiche familiari e la effettiva difficoltà nel modificarle.

Come instaurare un equilibrio tra famiglia di origine e coppia?

Oltre all’importante contributo dei genitori nel lasciare che i figli vivano la propria relazione di coppia in modo autonomo, è importante che i partner si concentrino sull’importanza del passaggio dalla condizione di figli a quella di adulti/partner/genitori. Non sempre questo processo si svolge in maniera semplice ed efficace. In tal caso, è importante rivolgersi a un terapeuta per chiarire e definire meglio il processo di differenziazione dalla famiglia di origine e di focalizzazione sulla coppia, secondo un equilibrio che sappia assegnare un’attenzione equilibrata ad entrambi i sistemi relazionali.

Diana Mabilia

BIBLIOGRAFIA

  • Halford, W. K., Sanders, M. R., & Behrens, B. C. (2000). Repeating the errors of our parents? Family‐of‐ origin spouse violence and observed conflict management in engaged couples. Family Process, 39(2), 219-235.
  • Sabatelli, R. M., & Bartle‐Haring, S. (2003). Family‐of‐origin experiences and adjustment in married couples. Journal of Marriage and Family, 65(1), 159-169.
  • Yan, J., Olsavsky, A., Schoppe-Sullivan, S. J., & Kamp Dush, C. M. (2018). Coparenting in the family of origin and new parents’ couple relationship functioning. Journal of Family Psychology, 32(2), 206.
  • Dattilio, F. M. (2006). Restructuring schemata from family of origin in couple therapy. Journal of Cognitive Psychotherapy, 20(4), 359-374.
  • Knapp, D. J., Sandberg, J. G., Novak, J., & Larson, J. H. (2015). The mediating role of attachment behaviors on the relationship between family-of-origin and couple communication: Implications for couples therapy. Journal of Couple & Relationship Therapy, 14(1), 17-38.
  • Strait, J. G., Sandberg, J. G., Larson, J. H., & Harper, J. M. (2015). The relationship between family‐of‐origin experiences and sexual satisfaction in married couples. Journal of Family Therapy, 37(3), 361-385.
IL BAMBINO E IL SUO ZAINO

IL BAMBINO E IL SUO ZAINO

Ogni bambino quando nasce ha con sé un piccolo zainetto, che dovrà essere riempito con tante esperienze per essere poi un giusto bagaglio utile per la sua vita. Questo zainetto è importante perché lo aiuterà a crescere, lo aiuterà nei momenti difficili, lo farà andare verso la giusta direzione durante la vita. Ecco perché è importante che questo non sia troppo pieno o troppo vuoto, ma abbia un giusto peso per ogni persona. Ogni zainetto sarà pieno di esperienze diverse perché noi tutti siamo diversi, non ci sarà mai uno zainetto uguale all’altro. Ogni zainetto è composto di tante esperienze essenziali: esperienze emotive, esperienze neurologiche e sensoriali, esperienze corporee, esperienze relazionali e sociali, esperienze familiari e culturali.

Oggi vi parlerò dell’importanza delle esperienze emotive e familiari/culturali.

  • Le emozioni sono una parte importante della nostra vita, perché guidano il nostro comportamento e le nostre relazioni. Le emozioni nascono dal nostro cervello e producono poi una risposta nel nostro corpo, ecco perché tante volte parliamo di psicosomatica. Ogni bambino deve fare esperienze emotive positive, ma anche negative, perché solo così saprà come aggiustarsi durante la vita e come trovare la forza dentro di lui/lei. Nei primi anni di vita ogni bambino regola le proprie emozioni in base a chi ha attorno, ecco perché ogni genitore/insegnante/educatore dovrebbe avere un’autoregolazione emotiva solida, solo così potrà essere un buon esempio. È giusto che ogni bambino sperimenti le emozioni perchè ogni bambino ha il diritto di potersi sentire in tanti modi, senza discriminazione, soprattutto tra maschi o femmine.
  • La famiglia è la prima società che il bambino vive, la prima esperienza di cultura, dove apprende uno stile di vita. Ogni genitore si porta dietro schemi di comportamento, traumi, emozioni, aspettative, che tante volte inconsciamente tramanda al figlio. Ecco perché è importante potersi spogliare di tutto questo e accogliere ciò che il bambino è in quel momento.
    La cultura tante volte influenza la famiglia: religione, luogo di nascita, contesto di appartenenza, studi, lavori, provenienza razziale, orientamento sessuale.
    Queste differenze non dovrebbero nel 2023 essere un problema. Il bambino anche all’interno della famiglia dovrà fare esperienza di conflitto, di forza, di emozione, di amore, cura e accoglienza, solo così poi saprà gestirle fuori dalla casa. La famiglia dovrebbe essere anche la prima esperienza di contenimento emotivo, contenimento di regole, nutrimento e incoraggiamento, educazione e valori. Ecco perché non è possibile poi delegare tutto questo a scuola/professionisti o sport. 

Nei prossimi articoli parleremo poi di altre esperienze importanti per lo zainetto.

Dott.ssa Laura Garrone: pedagogista clinico, psicomotricista funzionale, neuropedagogista e terapista dirfloortime.