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Il ruolo delle funzioni esecutive: la pianificazione

Il ruolo delle funzioni esecutive: la pianificazione

Nuovo articolo, nuova funzione esecutiva. E’ giunto il momento di parlare di painificazione che per definizione è quell’insieme di attività cognitive che anticipano e regolano il comportamento e consentno di eseguire una sequenza di azioni al fine di raggiungere una meta.

Questa funzione cognitiva necessità del coinvolgimento e della modulazione di altre funzioni mentali quali l’attenzione, l’astrazione, il ragionamento, la memoria di lavoro, la formulazione di un piano d’azione, il monitoraggio delle azioni e la valutazione del risultato. Per essere in grado di pianificare, infatti, è necessario innanzititto dirigere l’attenzione e focalizzarla sul problema in modo funzionale. 

In aggiunta, la pianificazione risulta di così fondamentale importanza perché è coinvolta anche in altri processi cognitivi superiori come ad esempio il porblem solving (risoluzione di un problema) e i porcessi di decision making (capacità di decidere)

 

In che modo potenziare la pianificazione?

Le attività per allenare questa importante abilità cognitiva sono molteplici e come scoprirete, molti di questi giochi sono facilmente reperibili e utilizzabili.

Eccone alcuni per voi:

  • Tangram, un gioco rompicapo di origine orientale che si compone di sette tavolette (dette tan) suddivise in 5 traingoli, 1 quadrato e 1 parallelogramma inizialmente disposte a formare un quadrato. Scopo del gioco è comporre determinate figure utilizzando tutti i pezzi a disposizione senza sovrapporli e con la possibilità di ruotarli.
  • Il gioco del quindici, gioco della tradizione che piace a grandi e piccini; consiste in una tabella a forma quadrangolare suddivisa in 16 quadrati (quattro righe e quattro colonne) su cui sono posizionate 15 tessere numerate in modo progressivo da 1 a 15, che possono scorrere in direzione verticale o orizzontale. Scopo del gioco è quello di riordinare le tesseree a partire da una configurazione iniziale disordinata in cui tutti i nuemeri sono presentati in modo casuale. Oltre al gioco fisico, sono presenti anche risorse digitali gratutite quali ad esempio Skill 15.
  • Mastermind, gioco da tavolo che prevede che un giocatore assuma il ruolo di “decodificatore” che ha il compito di indovinare il codice segreto (4 palline di diverso colore poste in serie) creato e composto da un secondo giocatore, nel ruolo di “codificatore”. Il codice segreto può essere indovinato attraverso una serie di tentativi grazie ai feedback che provengono dal codificatore il quale può dare informazioni all’avversario rispetto alla correttezza o meno del colore e della posizione. Questo gioco oltre che coinvolgere le abilità di painificazione, richiede anche l’attivazione dekke abilità di problem solving e di memoria di lavoro; I bambini o i ragazzi impegnati in questo gioco, infatti, devono focalizzare l’attenzione sui feedback del codificatore, implementarli, verificare e monitorare le sue risposte e operare eventuali modifiche e aggiusamenti al fine di svelare il codice; un gioco quindi complesso ma davvero molto accattivante e coinvolgente.
  • Labirinti, utili soprattutto per i più piccoli ma, proponendone alcuni di difficoltà maggiore sono delle attività sempre molto stimolanti e accattivanti per i bambini; la modalità di proposta principale è quella di schede “carta-matita” ma potete facilmente trovare anche attività computerizzate reperbili gratuitamente in rete

Che vi dicevo? Molti di questi sono giochi a voi noti vero? 

Da oggi in poi sapete che, divertendovi e giocando, avete la possibilità di allenare le abilità di pianificazione vostre e dei vostri bambini! E quindi…. evviva il gioco !!!

Dott.ssa Benedetta Levorato

Psicologa dell’età evolutiva

Bibliografia:

  • Marotta L. e Varvara P. (2013), Funzioni esecutive nei DSA – Disturbo di Lettura: Valutazione e Intervento, Trento, Edizioni Erickson.
L’EMOZIONE DELLA SORPRESA È BELLA O BRUTTA?

L’EMOZIONE DELLA SORPRESA È BELLA O BRUTTA?

Quando abbiamo parlato delle emozioni fondamentali, abbiamo visto come se ne sia aggiunta una sesta, la sorpresa. Anche questa, quindi, fa parte del repertorio emotivo di ciascuno di noi, ma scopriamo insieme di che cosa si tratta.

Tendenzialmente, si sperimenta sorpresa di fronte a situazioni nuove ed inaspettate. Però c’è da fare un’importante distinzione tra una sorpresa intesa in senso piacevole e una, invece, spiacevole.

Ad esempio, quando i nostri bimbi ricevono un bel regalo o qualcuno organizza loro una festa, l’espressione che si stampa sul loro viso è di sorpresa e stupore. A questa si può, quindi associare, la gioia nello scartare il regalo e scoprire che si tratta proprio di quello tanto desiderato. La sorpresa, quindi, si può intersecare e sovrapporre ad altre emozioni che abbiamo conosciuto nelle “puntate” precedenti.

Ma la mimica tipica della sorpresa la possiamo intravedere anche in un contesto non così piacevole come quando, ad esempio, succede qualcosa che non ci si aspettava e che scombussola i piani. Insieme alla sorpresa, quindi, si può sperimentare anche paura e preoccupazione di fronte all’ignoto; i bambini o i ragazzi possono avvertire la perdita di un punto di riferimento e il dubbio rispetto a cosa fare o non fare. 

Fondamentale guardare queste ultime situazioni da una prospettiva diversa: cambiamo le lenti dei nostri occhiali attraverso cui guardiamo il mondo! Trasmettiamo ai nostri ragazzi l’idea che, anche imbattendoci in qualcosa di inaspettato, questo possa poi rivelarsi un’ottima occasione di apprendimento, in cui sperimentare nuove competenze e in cui raggiungere nuovi obiettivi attraverso questa nuova sfida. La novità deve essere sempre accolta come qualcosa di positivo, come fonte di crescita!

Dott.ssa Zaghini Chiara

Dottoressa in Psicologia dello Sviluppo

Bibliografia:

  • Di Pietro Mario (2014). “L’ABC delle mie emozioni”. Trento, Erickson.
Odio leggere: La storia di Marco e la sua dislessia

Odio leggere: La storia di Marco e la sua dislessia

Ciao, sono Marco (nome di fantasia) e odio leggere.

O meglio.. mi piacerebbe tanto leggere ma faccio tanta tanta fatica.  

Mi piacciono tantissimo i libri di Geronimo Stilton ma per leggere poche pagine ci metto tanto tempo e quindi poi mi stanco e lascio perdere.

Un giorno però ho scoperto il perché di questa mia fatica, la DISLESSIA ed ora va sempre meglio e riesco a finire pian piano i capitoli, uno dopo l’altro.

Ebbene sì, oggi affrontiamo un argomento anticipato da questo articolo (http://studioprogettovita.it/?p=2460) della Dott.ssa Gazzi, ma proviamo andare un po’ più nello specifico entrando nel mondo della dislessia.

La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento, più specificatamente della lettura. La lettura, con una diagnosi di dislessia risulta essere lenta oppure non corretta; usando termini più adeguati si fa riferimento alla rapidità e all’accuratezza della lettura rispetto all’età del bambino e alla classe frequentata.

Le caratteristiche (https://www.aiditalia.org/come-si-riconoscono-i-dsa) di questo disturbo sono:

  • lenta decifrazione delle singole lettere;
  • incertezza nell’utilizzo delle sillabe;
  • scarso controllo del significato delle parole.

Campanelli d’allarme e diagnosi

La diagnosi di dislessia è possibile effettuarla solo dopo la fine della seconda classe della scuola primaria ma questo non vuol dire non riuscire ad osservare possibili campanelli d’allarme emergenti durante la classe prima e seconda e alla scuola dell’infanzia. Tra questi campanelli d’allarme troviamo:

  • confusione nella lettura o nella formulazione orale dei suoni;
  • inadeguata padronanza fonologica;
  • difficoltà nel riconoscimento del fonema iniziale o finale di una parola;
  • lettura lenta o lettura sillabica;
  • scambio di fonemi o grafemi;

Un intervento precoce grazie all’individuazione di questi piccoli segnali permette un miglior processo di apprendimento e un maggior benessere nel bambino durante tutte le attività quotidiane e scolastiche.

Cosa possiamo fare dopo una diagnosi di Dislessia?

Il ruolo della scuola e della famiglia

Successivamente alla diagnosi di dislessia le figure che più devono mettersi in gioco oltre al bambino sono la famiglia e la scuola.

L’insegnante è opportuno che metta in atto alcune strategie per favorire l’apprendimento del bambino. Nello specifico può:

  • dispensare il bambino dalla lettura ad alta voce nel momento in cui questo risulti essere per il bambino stesso situazione di frustrazione e disagio;
  • ridurre il materiale di lettura;
  • potenziare l’apprendimento visivo, se adeguato al bambino;
  • concedere più tempo durante le verifiche;
  • potenziare l’utilizzo di strumenti compensativi, quali sintesi vocale o strumenti che consentano al bambino un maggior avvicinamento alla lettura senza affaticamento eccessivo.

La famiglia può:

  • familiarizzare con il bambino nell’uso degli strumenti compensativi in accordo con la scuola e se, presente, con il clinico di riferimento;
  • proporre attività giocose che permettano l’accesso ad un lessico quali ad esempio, scarabeo;
  • dispendiare il bambino in attività di lettura lunghe, leggendo al suo posto lasciando però il testo sotto al suo sguardo.

 

Non abbiate timore di chiedere aiuto nel momento in cui notate fragilità di questo tipo nei vostri bambini. Una diagnosi di dislessia permette un maggior benessere nella vita del bambino e permette lui di affrontare la propria vita grazie all’utilizzo di strategie e strumenti funzionali alle proprie caratteristiche.

Dott.ssa Giorgia Ghiraldini

Educatrice socio-pedagogica

Bibliografia e sitografia:

  • https://www.aiditalia.org
  • Dislessia e altri DSA a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti., Erickson, 2013
OSTEOPATIA IN AMBITO GINECOLOGICO: LA DISMENORREA

OSTEOPATIA IN AMBITO GINECOLOGICO: LA DISMENORREA

La dismenorrea è il termine con cui si indicano i sintomi correlati al ciclo mestruale ed interessa una grandissima parte delle donne, dal menarca alla menopausa, fino all’81% in alcuni casi.

La sintomatologia comprende una varietà di disturbi che comprendono:

  • il dolore addominale crampiforme
  • la lombalgia
  • la nausea
  • il mal di testa
  • la dissenteria 
  • la stipsi
  • la pesantezza agli arti inferiori

La dismenorrea può essere:

  • primaria (tipologia più frequente), si presenta fin dalla prima mestruazione e non è causata da alcuna patologia specifica. Può attenuarsi con il passare degli anni e scomparire a seguito della prima gravidanza.
  • secondaria, è legata a patologie ginecologiche come l’endometriosi, fibromi uterini e adenomiosi uterina. Inizia durante l’età adulta a meno che non sia causata da malformazioni congenite.

Le cause della dismenorrea primaria non sono state ancora chiarite, sembra avere un’origine multifattoriale in cui un ruolo importante sembra essere svolto dalle prostaglandine (dolore conseguente alle contrazioni uterine indotte dalle prostaglandine e riduzione del flusso ematico). Nella dismenorrea secondaria è possibile identificare un meccanismo anatomico scatenante il dolore in base al tipo di malattia pelvica presente.

La diagnosi di dismenorrea viene effettuata dal medico specialista ginecologo, il quale chiede alla paziente di descrivere i sintomi avvertiti ed esamina lo stato di salute degli organi riproduttivi attraverso la visita e l’ecografia transvaginale.

In caso di sospetta dismenorrea secondaria possono essere prescritti ulteriori accertamenti (risonanza magnetica, isteroscopia, laparoscopia).

In alcune aree geografiche quasi una donna su tre è costretta ad assentarsi per un paio di giorni al mese dalla scuola o dal lavoro. Inoltre è una condizione così presente nella nostra società, che spesso le donne scelgono di non parlarne nemmeno con il loro ginecologo o medico di base, credendo che quella sia una condizione implicita dell’essere donna.

In caso di dismenorrea primaria l’unico approccio terapeutico convenzionale possibile è quello a base di farmaci antinfiammatori non steroidei, che aiutano a contrastare il dolore, o di anticoncezionali. La pillola, infatti, impedisce l’ovulazione e, quindi, riduce l’intensità degli spasmi dell’utero. Spesso inoltre si ricorre alla supplementazione di magnesio (che riduce gli spasmi muscolari) in fase pre-mestruale.

Nel caso della dismenorrea secondaria la terapia più adatta dipende dalla patologia associata ai dolori.

La medicina Osteopatica può essere un valido alleato nel ridurre il dolore mestruale e nel miglioramento dei fattori associati. Il trattamento manipolativo osteopatico, interagendo con l’attività neurovegetativa, può migliorare la concentrazione delle sostanze pro infiammatorie responsabili del dolore mestruale. Inoltre può migliorare la congestione linfatica pelvica garantendo una corretta biomeccanica del bacino, della colonna lombare e alleviando le tensioni muscolari dell’addome e del pavimento pelvico, consentendo alla donna di vivere con maggiore serenità la propria quotidianità.

Il trattamento osteopatico si pone quindi come un approccio sicuro, efficace e complementare ad altre terapie seguite dalla Paziente per il trattamento della dismenorrea.

Andrea Viale DO – Osteopata

TERAPISTA DELLA NEURO E PSICO…CHE?

TERAPISTA DELLA NEURO E PSICO…CHE?

Chi è il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva

Il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva (TNPEE) è un professionista sanitario che opera nel campo della riabilitazione e svolge attività di abilitazione, di riabilitazione e di prevenzione rivolte alle disabilità in età evolutivaovvero nella fascia di età 0 – 18 anni. 

  • Valutazione: attraverso l’osservazione del comportamento e del gioco spontaneo e somministrando test standardizzati, è possibili identificare la presenza di difficoltà nello sviluppo. 
  • Riabilitazione: dopo il risultato della valutazione, è possibile impostare un progetto riabilitativo con gli obiettivi di lavoro e le relative strategie.
  • Prevenzione: “prevenire è meglio che curare”, attraverso progetti di psicomotricità educativa di gruppo, svolti nelle scuole o privatamente, è possibile osservare lo sviluppo dei bambini e identificare eventuali difficoltà per prevenire che si strutturino dei disturbi successivamente. 

Il TNPEE per poter esercitare la sua professione deve possedere la laurea universitaria triennale abilitante e lavora in un’equipe, collaborando con altre figure professionali per poter rendere più globale la presa in carico del bambino e della famiglia.

Il trattamento è rivolto a bambini con disturbi del neurosviluppo ed ha lo scopo di favorire lo sviluppo armonico delle potenzialità del bambino, dandogli gli strumenti per affrontare le sfide che si trova davanti.

Attraverso strategie di approccio globale incentrate sul gioco, il TNPEE favorisce il recupero delle tappe di sviluppo del “piccolo paziente”, favorendo il suo graduale passaggio da esperienze di movimento, manipolazione e sperimentazione corporea, alla costruzione di competenze emotive, relazionali e cognitive, nel pieno rispetto della personalità individuale. Il percorso si svolge all’interno di una stanza dove si costruisce il setting neuropsicomotorio: la stanza viene suddivisa in aree in cui il gioco si differenzia e in cui il bambino e il TNPEE possono costruire la loro relazione terapeutica.

Ma perché il gioco?

Il gioco è una cosa seria (Jean Paul). Il gioco è l’attività principale del bambino, è il suo “lavoro”, attraverso cui apprende, sviluppa competenze, conosce il proprio corpo e si mette in relazione con i coetanei e gli adulti. Attraverso il gioco, inoltre, il bambino porta alla luce i propri vissuti, i propri desideri e le proprie difficoltà e insicurezza: per questo motivo è un’attività molto importante. 

Prestiamo attenzione quindi a come i bambini giocano, da soli, tra di loro e insieme a noi, osserviamoli, meravigliamoci e facciamo coinvolgere nel loro mondo, per far si che se ci sono delle difficoltà, sia più facile intervenire.

Dott.ssa Ilaria Dissette

Bibliografia:

  • Decreto Ministeriale 5/1997;

  • Berti E., Comunello F., Savini P., “Il contratto terapeutico in terapia psicomotoria. Dall’osservazione al progetto”, Edizioni junior, 2001, Parma, Italia