COME PRENDERSI CURA DEL PROPRIO CORPO: COS’E’ IL TRAINING AUTOGENO
COME PRENDERSI CURA DEL PROPRIO CORPO: COS’E’ IL TRAINING AUTOGENO
Ben ritrovato! Sono Veronica Griguoli, sono una psicologa e un’operatrice di Training autogeno, collaboro con Studio Progetto Vita ormai da un anno e all’interno dello studio mi occupo di percorsi di sostegno rivolti sia agli adulti sia agli adolescenti.
Ho deciso di parlare di questo tema perché sarà che siamo vicini alle vacanze estive e la mia mente è proiettata verso le goduriose ore passate a sonnecchiare all’aperto o sarà che con il caldo degli ultimi tempi qualche ora di sonno l’abbiamo persa tutti, che ho pensato che parlarti di come esista un metodo che permetta di prendersi cura del nostro corpo e del suo bisogno di riposo quando magari la frenesia o semplicemente qualche cambiamento ci porta ad essere più “attivati” del solito.
Un occhio alla teoria, che cos’è il TA?
Schultz (1932) con il termine Training Autogeno definì un metodo di auto distensione da concentrazione psichica che consente di modificare situazioni psichiche e somatiche.
In particolare: “il principio fondamentale del metodo consiste nel determinare, per mezzo di particolari esercizi fisiologico-razionali, una disconnessione globale dell’organismo che, in analogia con le metodologie etero ipnotiche, permette di raggiungere le realizzazioni proprie degli stati suggestivi.”
Il Training Autogeno (TA) è un allenamento mentale, un esercizio non fisico che tuttavia agisce direttamente sul nostro fisico, sulle funzioni di base del nostro corpo e nello specifico, come vedremo, sulla sua funzionalità a livello di equilibrio neurovegetativo. Possiamo dunque ragionevolmente parlare di un allenamento che avviene a livello dell’unità psico-somatica, o della relazione mente-corpo.
In particolare, con questa tecnica si lavora su tre importanti aspetti:
- L’aumento della consapevolezza corporea
- L’interazione tra sistema nervoso centrale e sistema nervoso periferico
- Gli effetti neuro-psicofisiologici del TA
Consapevolezza: quanto è importante essere consapevoli anche del nostro corpo?
Per la maggior parte della nostra vita non siamo consapevoli del nostro corpo, ce ne accorgiamo solo quando quest’ultimo ci invia dei “segnali” di mancato funzionamento. Eppure, la consapevolezza corporea è una competenza di base del nostro cervello.
Possiamo parlare di consapevolezza propriocettiva ed enterocettiva: la prima riguarda la percezione cosciente dell’articolazione e tensioni muscolari, dei movimenti, della postura e dell’equilibrio; la seconda invece è la percezione cosciente delle sensazioni provenienti dall’interno del corpo come ad esempio battito cardiaco, respirazione e sazietà.
Dati gli esercizi su cui si fonda il TA, è la consapevolezza enterocettiva ad essere particolarmente rilevante.
Val la pena ricordare che l’enterocezione è stata di recente definita da Craig (2002) come “senso della condizione fisiologica del corpo”.
Il SNP è IL NOSTRO SECONDO CERVELLO, ma quanto conta sul nostro benessere?
Siamo spinti a credere che il nostro cervello chiuso nella sua calotta cranica, non subisca interazioni di nessuna natura. Ovviamente la realtà è diversa, non solo mente e corpo interagiscono tra loro ma addirittura si influenzano in maniera reciproca. L’effetto ideomotorio detto anche effetto Carpenter (1852) è una reazione inconsapevole generata dalla mente che produce un effetto meccanico sul corpo. Poiché non si ha l’impressione di averla generata volontariamente, si può essere convinti che una forza esterna ne sia responsabile.
Ideoplasia: il potenziale che la mente (ideo) ha di agire sul corpo (plasia = formazione).
Il termine rende quindi bene il passaggio, la connessione tra la rappresentazione mentale di un movimento e la rispettiva implementazione a livello del sistema motorio.
Le prove scientifiche degli scienziati Faraday e Chevreul, e degli psicologi James e Hyman, hanno in effetti dimostrato che molti fenomeni attribuiti a forze paranormali o misteriose energie, sono in realtà causa di un’azione ideomotoria.
La svolta di Shultz per il TA è rappresentata dal fatto di aver pensato che i processi mentali potessero avere anche la capacità opposta rispetto a quella di attivare e mandare impulsi motori. L’immaginazione diviene dunque una strategia usata per ridurre gli impulsi e raggiungere rilasciamento muscolare, per “disattivare” piuttosto che attivare. Questo viene permesso attraverso un continuo scambio di informazioni tra il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso periferico. Il primo, infatti, è ovviamente coinvolto nel momento in cui ci apprestiamo a praticare volontariamente il TA e il relativo allenamento mentale, mentre il secondo è coinvolto in quanto “esecutore” delle risposte corporee volontarie (inibite) e involontarie che ne derivano.
Quali sono gli esercizi del TA? E come si collega al discorso del sonno?
- Body scan: permette di focalizzare l’attenzione dall’ambiente circostante al corpo.
- Esercizio della pesantezza: coinvolge la muscolatura striata, riduce il tono muscolare e permette di avvertire lo stato di profondo rilassamento.
- Esercizio del calore: coinvolge la muscolatura liscia poiché agisce sulla distensione del sistema vascolare grazie all’ideoplasia che agisce realizzando una dilatazione dei vasi sanguigni.
- Esercizio del cuore: il primo degli esercizi complementari, permette alla persona di prendere contatto con il proprio ritmo cardiaco, senza cercare di modificarlo.
- Esercizio del respiro: anche in questo caso l’esercizio mira a scoprire il senso armonioso del proprio respiro, lasciarsi cullare da questo ritmo. Il respiro autogeno presenta: una fase inspiratoria lunga e lenta; una espirazione passiva e rapida; una breve pausa. Realizzando così un andamento sinusoidale tipico del sonno.
- Esercizio del plesso solare: questo intreccio di ramificazioni nervose è importante poiché innerva la maggior parte degli organi addominali, Il soggetto deve prendere contatto con questa zona “interna” e “immaginare” una sorgente di calore che da essa si irradia.
- Esercizio della fronte fresca: quest’ultimo esercizio riconduce all’unità psico-somatica e richiama un senso piacevole di freschezza mentale, preparando la persona alla fase di ripresa.
LE SCARICHE AUTOGENE
Fin dalle prime fasi del T.A. si manifestano fenomeni fisiologici: scosse muscolari, formicolii, sensazioni d’asimmetria, sensazioni di gonfiamento e galleggiamento, ecc.
Possono essere disturbanti e portare a demotivazione.
Queste risposte sono l’effetto dello scarico di “tensioni” accumulate in varie aree del cervello; tale scarico avverrebbe automaticamente perché lo stato di autogenia permetterebbe l’avvio di meccanismi protettivi o di sicurezza che agirebbero in modo autonomo.
LA RIPRESA
Ogni volta che si esegue la procedura di T.A. in parte o nella sua interezza occorre effettuare una fase di ripresa.
Questa consiste in un movimento lento delle dita dei piedi e delle mani, si aprono e si chiudono per almeno 2 volte le mani, flettere ed estendere più volte le braccia, dapprima in modo lento e poi via via più energico, flettere per almeno 2 volte le gambe, respirare profondamente, aprire gli occhi.
Bene, siamo arrivati alla fine di questo articolo. Spero che questo argomento ti abbia incuriosito e abbia acceso una riflessione sull’importanza dell’interazione tra corpo e mente e del bisogno di consapevolezza corporea che ciascuno di noi può imparare e ampliare.
Buona Estate Consapevole!
Dott.ssa Veronica Griguoli
Psicologa
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