Il disturbo della condotta (DC): seconda parte

Il disturbo della condotta (DC): seconda parte

Se nella scorsa parte ti ho presentato cos’è il disturbo della condotta e le sue principali caratteristiche, in questa seconda parte invece ti parlerò di quelle che sono le cause del disturbo e soprattutto il trattamento di questo disturbo che se non preso in tempo può determinare un netto peggioramento della prognosi e del decorso del disturbo.

Cause del disturbo

L’esatta causa del disturbo della condotta non è nota, ma si ritiene che svolga un ruolo importante una combinazione di fattori biologici (è stato ipotizzato un funzionamento anomalo di alcuni meccanismi cerebrali deputati all’elaborazione delle informazioni e all’autoregolazione), genetici, ambientali, psicologici e sociali.

Sul piano ambientale, la disorganizzazione dell’attaccamento, gli stili di Parenting caratterizzati dal ricorso a controllo psicologico, il neglect e l’abuso, le esperienze traumatiche, una storia familiare di abuso di sostanze, il ricorso ad una disciplina incoerente da parte dei genitori, sono tutti fattori che possono contribuire allo sviluppo del disturbo della condotta.

In relazione agli ingredienti cognitivi e agli stati mentali prossimi all’emissione della condotta sintomatica in esame, molti esperti ritengono che il disturbo della condotta possa riflettere un problema che coinvolge ragionamento e consapevolezza morale.

In particolare, caratteristica centrale sarebbe la mancanza di senso di colpa e l’assenza di rimorso, fenomeni fondati sulla considerazione del fatto che le regole vengono imposte da autorità riconosciute come ostili ed umilianti.

Come esordisce il disturbo e come evolve?

Il Disturbo della Condotta può comparire precocemente oppure svilupparsi solo più tardi durante                            l’adolescenza.

Nel disturbo della condotta ad esordio precoce i primi sintomi si possono rilevare già prima dei 3 anni: i bambini appaiono irritabili, poco collaborativi e oppositivi, facilmente frustrati. Dopo i 3 anni queste caratteristiche si amplificano e cominciano a comparire anche azioni più palesemente aggressive, come picchiare i compagni e le maestre, rompere i giochi degli altri.

Dai 6 agli 8 anni i comportamenti aggressivi si stabilizzano, permangono i comportamenti oppositivi e le interazioni difficoltose con i genitori, aumentano le bugie e i tentativi di manipolare gli altri. I bambini tendono a percepire gli altri come accusanti e ostili, sperimentano l’isolamento perché allontanati dai compagni e si aggregano a gruppi di altri bambini aggressivi.

Dai 9 ai 14 anni l’aggressività manifesta diminuisce, ma aumentano la disubbidienza nei confronti dei genitori, gli atti vandalici, l’abuso di sostanze (come alcol, cannabis e altre sostanze illegali), le assenze scolastiche frequenti, gli episodi di fuga da casa.

Dopo i 14 anni i problemi di condotta tendono a cronicizzarsi fino ad arrivare a veri e propri atti criminosi, anche di natura sessuale. Non di rado, infatti, i ragazzi con Disturbo della Condotta hanno coinvolgimenti sessuali precoci con rischi di gravidanze indesiderate.

Trattamento del disturbo della condotta

Per i bambini e gli adolescenti con problemi di condotta e di aggressività, il trattamento è basato su un modello socio-cognitivo scientificamente fondato, relativo alle modalità di elicitazione della rabbia nei bambini con Problemi di Aggressività e Condotta (PAC) e ai processi attraverso i quali questa sfocia in risposte aggressive.

Nel modello in questione si opera una distinzione tra i deficit cognitivi, che si riferiscono ad inabilità in specifiche attività cognitive, e le distorsioni cognitive, che si riferiscono, invece, alle percezioni erronee e/o disfunzionali dei soggetti con problemi di aggressività.

Tale modello socio-cognitivo rende evidente il fatto che, quando il bambino incontra uno stimolo potenzialmente attivante la rabbia, sono soprattutto i processi di percezione e di valutazione che questi compie ad influenzare le sue reazioni emozionali e fisiologiche, piuttosto che l’evento in quanto tale.

Queste percezioni e valutazioni possono essere accurate o inaccurate e, in larga parte, sono influenzate dalle iniziali aspettative del soggetto, che filtrano la percezione della situazione ed orientano l’attenzione selettiva a specifici aspetti, o stimoli, dell’evento attivante.

Se il bambino ha interpretato l’evento come minaccioso, provocatorio o frustrante, egli sperimenterà un’attivazione neurovegetativa intensa e successivamente ingaggerà in un set di attività cognitive, dirette a decidere circa un opportuno corso di azione per rispondere all’evento stesso, altamente influenzate dalla valutazione iniziale e dal relativo arousal (risposta allo stimolo significativo).

 

L’arousal interno, infatti, ha un’interazione reciproca con i processi di valutazione del bambino, dal momento che egli deve interpretare ed etichettare le connotazioni emotive di tale attivazione neurovegetativa. Inoltre, a causa del fatto che l’accresciuta attivazione emotiva focalizza l’attenzione del bambino soprattutto sugli stimoli associati con possibili minacce, egli tenderà molto frequentemente a sentirsi arrabbiato.

Le reazioni da parte delle altre persone possono poi diventare degli eventi stimolo, che danno vita ad un nuovo ciclo, attraverso circuiti di feedback, diventando ricorrenti unità comportamentali, collegate tra loro. Non di rado può essere utile concentrare l’attenzione sulle cognizioni dei genitori e degli insegnanti piuttosto che su quelle dei bambini. In generale, i genitori possono fare attribuzioni pessimistiche riguardo al locus of control del problema, la sua stabilità e la sua possibile risoluzione. Per esempio, i genitori di bambini con problemi comportamentali tendono a credere che la causa (e di conseguenza la soluzione) delle difficoltà del figlio riguardi il bambino e non il genitore o l’interazione tra l’uno e l’altro.

Le attribuzioni degli adulti, infatti, tendono a focalizzarsi su caratteristiche stabili e disposizionali del bambino, come spiegazione primaria delle sue difficoltà. Gli adulti potrebbero pensare, per esempio

  1. Che i bambini siano responsabili dei loro comportamenti;
  2. Che il bambino intenzionalmente si comporti male manifestando rabbia o ripicche/dispetti nei confronti dei genitori;
  3. Che i problemi del bambino siano relativamente non modificabili o incontrollabili.

In altre parole, i genitori dei bambini con tali problemi potrebbero non accettare facilmente la premessa che le loro pratiche genitoriali abbiano giocato un ruolo importante nello sviluppo dei problemi o che possano essere usate per modificare l’attuale situazione; in altri casi, alcuni genitori ritengono che i problemi del bambino siano totalmente causati da loro, perché non sono bravi genitori.

Le attribuzioni genitoriali negative e pessimistiche sono da tenere in debito conto, dal momento che, non solo generano stati emotivi negativi nei genitori (per esempio rabbia e frustrazione), ma li inducono anche ad assumere delle pratiche disciplinari fallimentari o

Molto importante la Terapia Cognitivo Comportamentale

La terapia cognitivo comportamentale si focalizza sulla percezione e sui pensieri dei bambini con Disturbo della Condotta nell’affrontare le situazioni ritenute provocanti o frustranti. 

Lavora su una molteplicità di componenti:

  • psico-educazione al problem solving e alle abilità sociali, per incrementare la capacità di trovare soluzioni e migliorare le relazioni;
  • sviluppo e incentivazione delle abilità di coping (fronteggiamento delle circostanze), per avere più strumenti per affrontare le situazioni;
  • utilizzo di giochi di ruolo, per esperire e prendere coscienza, attraverso la drammatizzazione, delle dinamiche relazionali agite e per verificare le strategie apprese;
  • lavoro esperienziale e compiti in vivo, per acquisire maggiore controllo sulle situazioni e sulle proprie reazioni;
  • educazione all’affettività, per riconoscere e prendere consapevolezza dei propri stati emotivi;
  • home-work, per allenarsi a casa a cambiare il proprio modo di agire;
  • costo della risposta, tecnica comportamentale per diminuire la probabilità che una risposta inadeguata venga emessa.

A cura della Dott.ssa Mara Gazzi 

Bibliografia

  • del comportamento in età evolutiva. Fattori di rischio, strumenti di assessment e strategie psicoterapeutiche DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali M. Biondi (Curatore) Cortina Raffaello, 2014

  • I disturbi del comportamento in età evolutiva. Fattori di rischio, strumenti di assessment e strategie psicoterapeutiche di Pietro Muratori (Autore), Furio Lambruschi (Autore), Cristian Stenico (Illustratore), Annarita Milone (Prefazione)

  • Il disturbo della condotta di Daniele Fedeli, Carocci, 2011
  • L’intervento cognitivo-comportamentale per l’età evolutiva. Strumenti di valutazione e tecniche per il trattamento di Mario Di Pietro (Autore), Elena Bassi (Autore)