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MIO FIGLIO VA MALE A SCUOLA E LE MAESTRE MI HANNO CONSIGLIATO UNA VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI…MA DI COSA SI TRATTA?

MIO FIGLIO VA MALE A SCUOLA E LE MAESTRE MI HANNO CONSIGLIATO UNA VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI…MA DI COSA SI TRATTA?

Spesso accade che, nei primi anni della scuola primaria, le maestre segnalino alcune difficoltà di acquisizione dei processi legati alla lettura, alla scrittura o al calcolo. Di conseguenza, consigliano alla famiglia di effettuare una valutazione per appurare la presenza o meno di difficoltà oggettive, per poi iniziare un percorso di potenziamento mirato e la conseguente attivazione, nel contesto scolastico, delle normative atte a tutelare gli alunni con “bisogni speciali”. 

Quando, però, incontriamo voi genitori spesso ci riportate dubbi e perplessità… Eccoci qui per chiarirli una volta per tutte!

Una valutazione degli apprendimenti completa deve approfondire ognuna delle aree, indipendentemente dal fatto che la difficoltà segnalata sia specifica solo di una. Senza andare troppo nello specifico con terminologie noiose, nomi e sigle assurde, vi spiego con molta semplicità cosa andiamo ad indagare:

  • LETTURA: si parte con una classica lettura di brano ad alta voce, in cui si segnano gli eventuali errori commessi dal bambino e la velocità impiegata, per poi eventualmente approfondire attraverso la lettura di parole isolate o di parole completamente inventate, per verificare la corrispondenza tra il grafema scritto e il fonema pronunciato;
  • COMPRENSIONE: strettamente legata alla competenza di lettura, si va ad indagare quanto ciò che viene letto viene anche compreso, attraverso la lettura di un brano con le relative domande a scelta multipla a cui rispondere; questa abilità si indaga anche in modalità da ascolto, dove la lettura viene in realtà effettuata dal professionista;
  • SCRITTURA: quest’area viene indagata sia dal punto di vista ortografico, con le classiche prove di dettato, ma anche dal punto di vista della produzione scritta di un testo spontaneo; inoltre, si dedica attenzione anche al gesto grafo-motorio, per indagare la fluidità o meno nell’uso dei vari allografi (stampato e corsivo);

CALCOLO: l’area della matematica viene indagata attraverso batterie che analizzano le competenze del calcolo scritto e del calcolo a mente, oltre a prove di ragionamento logico che indagano la capacità di lavorare con materiale numerico e di saper cogliere adeguatamente il senso del numero; da non dimenticare anche l’abilità di problem-solving nella fase di risoluzione dei problemi aritmetici.

In linea di massima, queste sono le prove standard che proponiamo, ovviamente somministrate sulla base della classe frequentata dal bambino, per cui vanno ad approfondire esclusivamente quelle competenze che dovrebbero essere state acquisite in base alla programmazione scolastica. Ciò che si richiede allo studente è di svolgere i test nel miglior modo, tenendo conto che alcuni di questi prevedono anche un limite di tempo entro cui svolgerli. A noi, però, interessa vedere fino a che punto è in grado di svolgere in autonomia le prove, per comprendere dove può essere mancata l’automatizzazione di quel preciso processo. 

Successivamente alla correzione ed alla stesura della relazione, si illustrano ai genitori le prove e i risultati e si opta per un eventuale percorso di potenziamento personalizzato, oltre a prendere contatti con le insegnanti per un lavoro di squadra. Perché ricordiamoci… INSIEME SI PUÒ!

Dott.ssa Chiara Zaghini 

Psicologa dell’Età Evolutiva

Conosciamo il disturbo del calcolo!

Conosciamo il disturbo del calcolo!

Bentornato caro lettore,

sono la Dott.ssa Giorgia Ghiraldini e oggi affrontiamo insieme la “discalculia evolutiva”. Se sei qui forse è perché ne hai già sentito parlare o magari sei solo curioso di scoprire di cosa si tratta ma in qualunque caso… partiamo!

La discalculia evolutiva o disturbo specifico del calcolo è un disturbo specifico dell’acquisizione e/o dell’apprendimento del calcolo, degli aspetti relativi al numero e alla quantità.

Tale disturbo è caratterizzato da due differenti profili:

  • Deficit nelle componenti di cognizione numerica basale:
    • Subitizing;
    • Quantificazione;
    • Comparazione;
    • Seriazione;
    • Strategie di calcolo a mente;
  • Debolezza nelle procedure esecutive e nel calcolo.

Non solo. Può essere caratterizzata da eventuali fragilità nelle aree definite di “dominio generale” oppure nelle aree denominate di “dominio specifico”. Tra le componenti di dominio generale troviamo ad esempio le funzioni esecutive, memoria, attenzione mentre tra le componenti di dominio specifico troviamo il confronto di numeri, i fatti aritmetici, calcolo mentale, calcolo scritto, e tutto ciò che riguarda specificatamente le abilità logico-matematiche in senso stretto.

Possibili campanelli d’allarme

  • Scarse abilità nel calcolo;
  • Difficoltà nel conteggio;
  • Difficoltà nelle rappresentazioni di quantità simboliche.

Come si arriva alla diagnosi?

La diagnosi avviene tramite la somministrazione di prove standardizzate le quali vanno a valutare:

  • Abilità lessicali;
  • Processi semantici;
  • Abilità pre-sintattiche;
  • Abilità visuo-spaziali;
  • Strategie di conteggio;
  • Padronanza e fluidità con le combinazioni numeriche.

Quando si può fare diagnosi?

La diagnosi di discalculia evolutiva può avvenire a partire dalla fine della classe terza della scuola primaria. Ciò non toglie la possibilità di osservare i comportamenti del bambino relativamente alle abilità logico-matematiche nelle classi precedenti e durante l’età prescolare, attraverso la valutazione dei prerequisiti degli apprendimenti.

Non abbiate timore di chiedere aiuto nel momento in cui notate fragilità di questo tipo nei vostri bambini. Avere una diagnosi permette un maggior benessere nella vita del bambino e permette lui di affrontare la propria vita grazie all’utilizzo di strategie e strumenti funzionali alle proprie caratteristiche.

Dott.ssa Ghiraldini Giorgia

Pedagogista

Bibliografia:

  • Cornlodi C., I disturbi dell’apprendimento, Il mulino, 2023, Bologna;
  • Vio C., Lo Presti G, Tressoldi P.E., Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento, Erickson, 2022, Trento.
CAMPANELLI D’ALLARME PER LO SVILUPPO DELL’AUTISMO: COSA DOVRESTI SAPERE

CAMPANELLI D’ALLARME PER LO SVILUPPO DELL’AUTISMO: COSA DOVRESTI SAPERE

Buongiorno a tutti, mi presento sono la Dott.ssa Alessia Lazzaretto, sono una psicologa esperta in psicopatologie dello sviluppo e all’interno di Studio Progetto Vita mi occupo di percorsi di sostegno rivolti non solo a ragazzi e bambini ma, anche ad adulti.  In questo articolo vorrei parlarti dei disturbi dello spettro autistico. Anche voi genitori potete infatti avere un ruolo chiave nella diagnosi precoce di tali disturbi: vediamo insieme come poter individuare qualche segnale utile per indirizzarvi a richiedere un eventuale approfondimento diagnostico.

Per incominciare vediamo insieme in cosa consiste questo disturbo: le caratteristiche fondamentali dei disturbi dello spettro autistico fanno riferimento alla presenza di uno sviluppo deficitario o notevolmente anomalo della comunicazione e dell’interazione sociale ed alla ristrettezza del repertorio di interessi ed attività.  L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che circa 1 bambino ogni 100 abbia disturbi dello spettro autistico, con una netta prevalenza nella popolazione maschile rispetto a quella femminile e che questi possano essere diagnosticati sin dalla prima infanzia. La diagnosi precoce è di fondamentale importanza perché offre la chance di intervenire sin da subito, aumentando le possibilità di incidere nello sviluppo comunicativo, relazionale e sociale di questi bambini. Identificare segnali precoci è quindi fondamentale per poter intervenire tempestivamente. E’ importante sottolineare che i primi segnali non comportano la presenza di comportamenti anomali ma l’assenza di comportamenti normali e, proprio per questo motivo, può essere più difficoltoso riuscire ad individuarli e a darvi il giusto significato. Ma…i bambini autistici quali sintomi presentano? I primi sintomi compaiono già nella prima infanzia…

Vediamo ora insieme alcuni campanelli d’allarme che potrebbero schiarirci le idee:

  • Ritardo nella Comunicazione verbale o non verbale

 I bambini possono mostrare un ritardo nel parlare o nell’usare gesti comunicativi (es. indicazione). Se notate che il vostro bambino non risponde alle vostre parole, ai gesti o ai vostri sorrisi, potrebbe essere un campanello d’allarme.


  • Difficoltà nelle interazioni sociali

 I bambini possono avere difficoltà nell’instaurare e mantenere le relazioni sociali. Potrebbero infatti mostrarsi disinteressati agli altri, evitare lo sguardo diretto o avere difficoltà a comprendere le emozioni altrui.


  • Comportamenti ripetitivi o insoliti

E’ comune la ripetizione di movimenti (es. sfarfallio delle mani), la presenza inoltre di interessi intensi su specifici oggetti o routine fisse sono comuni nei bambini con autismo. 

Fateci caso se notate comportamenti inconsueti o eccessivamente ripetitivi. 

  • Difficoltà nell’adattarsi ai cambiamenti

 I bambini con queste caratteristiche spesso preferiscono la routine e possono avere difficoltà nell’affrontare cambiamenti improvvisi. Spesso bambini con queste caratteristiche possono mostrare resistenza e disagio di fronte a modifiche nella routine quotidiana.

  • Ritardo nel gioco sociale

Il gioco sociale è spesso un’area in cui possono mostrare ritardi. Può accadere che il bambino fatichi a partecipare al gioco condiviso con altri bambini o non riesca a sviluppare giochi di fantasia.

È importante sottolineare che questi segnali non sono necessariamente indicativi di autismo e che ogni bambino è un individuo unico con le sue caratteristiche personali. Tuttavia, se sorgono preoccupazioni, consultare un professionista è la chiave per una valutazione accurata. L’intervento precoce può infatti fare la differenza nel migliorare le abilità e la qualità della vita dei bambini con queste caratteristiche. Genitori, prendetevi cura anche di voi! in questo percorso a volte difficoltoso tenetevi a mente e fatevi supportare seguendo dei percorsi psicologici di supporto o dei parent training.

Dott.ssa Alessia Lazzaretto 

Psicologa

Bibliografia

  • DSM-V – Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (quinta edizione) (2014). Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • Keller R. I disturbi dello spettro autistico in adolescenza e in età adulta. Aspetti diagnostici e proposte di intervento. Erickson (2016).
  • Volkmar F. R. I Disturbi dello spettro autistico. Edra; 3° edizione (2020).
  • Xaiz C. e Micheli E. Gioco e interazione sociale nell’autismo. Cento idee per favorire lo sviluppo dell’intersoggettività. Erickson (2013).
IL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’

IL DISTURBO DA DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITA’

Il disturbo da deficit dell’attenzione ed iperattività (definito anche DDAI in italiano o anche ADHD in inglese, da Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è uno dei più comuni disturbi neurocomportamentali.

Si manifesta, nella prima infanzia, principalmente con due classi di sintomi: un evidente livello di disattenzione ed una serie di comportamenti che denotano iperattività ed impulsività. Questo disturbo è considerato ora una condizione eterogenea potenzialmente cronica, che presenta sintomi rilevanti e problematiche associate che vanno a colpire diversi aspetti funzionali della vita di tutti i giorni.

Quali sono le cause dell’ADHD?

Le cause dell’ADHD possono essere di natura:   

  • Genetica
  • Neurobiologica
  • Ambientale

Studi di genetica che hanno coinvolti i bambini hanno mostrato l’esistenza di un’associazione tra l’ADHD e alcuni geni. Ad esempio, un’alterazione nel gene responsabile della produzione di un neurotrasmettitore (dopamina) potrebbe essere una delle cause di questo disturbo: la dopamina è quella sostanza che veicola le informazioni fra i neuroni e, quindi, è alla base di molti processi cognitivi, come ad esempio attenzione e memoria.

Nonostante non vi siano ancora evidenze scientifiche consistenti, la maggior parte dei farmaci utilizzati per curare l’ADHD, infatti, aumenta l’efficacia dell’attività della dopamina nella comunicazione tra neuroni, aiutando così la persona a prestare maggiore attenzione.

Ulteriori studi hanno dimostrato anche la familiarità del disturbo: un bambino affetto da ADHD ha 4 volte più probabilità di avere un parente con la stessa malattia; così come un terzo dei padri che soffrono di ADHD ha un figlio con lo stesso disturbo.

Esistono poi alcuni fattori ambientali che sono associati all’ADHD, in particolare fattori di rischio prenatali, come:

  • esposizione prolungata a fumo di sigaretta;
  • assunzione di alcool o droga in gravidanza;
  • ipertensione;
  • stress;
  • complicanze durante il parto;
  • basso peso neonatale o la nascita prematura;
  • basso peso alla nascita.

Tali fattori non causano in maniera diretta questo disturbo ma possono favorire la comparsa di alterazioni nei geni, che portano poi all’insorgenza dell’ADHD.

Le cause di natura neurobiologica che possono causare la comparsa dell’ADHD sono difetti nella struttura e nel funzionamento della parte frontale del cervello, responsabile di processi cognitivi primari come la pianificazione e l’organizzazione dei comportamenti, l’attenzione e il controllo inibitorio. I deficit strutturali possono poi interessare anche la regione cerebrale che regola le emozioni (limbo) e una parte del sistema nervoso che regola la comunicazione all’interno del cervello (gangli). Tutte queste regioni cerebrali sono interconnesse tra di loro e, quindi, un deficit anche in una sola di esse potrebbe originare il disturbo.

Sintomi del “ADHD” disturbo da deficit di attenzione ed Iperattività

I sintomi relativi alla disattenzione si riscontrano soprattutto in bambini che, rispetto ai propri coetanei, presentano un’evidente difficoltà a rimanere attenti o a lavorare su uno stesso compito per un periodo di tempo sufficientemente prolungato.

Solitamente questi soggetti non riescono a seguire le istruzioni fornite, sono disorganizzati e sbadati nello svolgimento delle loro attività, hanno difficoltà nel mantenere la concentrazione, si fanno distrarre molto facilmente dai compagni o da rumori occasionali e raramente riescono a completare un compito in modo ordinato.

Quando sono in classe sembrano disorientati e, spesso, passano da un’attività all’altra senza averne completata alcuna, si guardano continuamente attorno, soprattutto durante lo svolgimento di compiti, ma anche durante la proiezione della trasmissione tv preferita. Ciò accade soprattutto nei momenti in cui tali attività risultano noiose e ripetitive.

bambini con iperattività – impulsività giocano in modo rumoroso, parlano eccessivamente con scarso controllo dell’intensità della voce, interrompono persone che conversano o che stanno svolgendo delle attività, senza essere in grado di aspettare il momento opportuno per intervenire; i genitori e gli insegnanti li descrivono sempre in movimento e sul punto di partire, incapaci di attendere una scadenza o il proprio turno.

Inoltre, sembrano non sufficientemente orientati al compito e faticano a pianificare l’esecuzione delle attività che vengono loro assegnate.

Le manifestazioni di iperattività e impulsività sembrano essere attribuibili ad una difficoltà di inibizione dei comportamenti inappropriati. I bambini con disturbo dell’attenzione esprimono questa difficoltà con agitazione, difficoltà a rimanere fermi, seduti o composti quando viene loro richiesto.

I soggetti affetti da DDAI presentano delle difficoltà nei seguenti campi relativi all’attenzione e alle funzioni neuropsicologiche: risoluzione dei problemi, abilità di pianificazione, grado di allerta e di attenzione, flessibilità cognitiva, attenzione mantenuta, inibizione delle risposte automatiche, memoria di lavoro non verbale.

Come si manifesta in bambini e adolescenti?

La disattenzione e l’impulsività sono caratteristiche riscontrabili in un ampio range di disturbi psicopatologici in età evolutiva, come ad esempio nei disturbi d’ansia, nella depressione e nei disturbi del comportamento.  È normale per i bambini essere pieni di energia, impulsivi (agire senza considerare la conseguenza delle loro azioni) e disattenti. Le stesse difficoltà si possono riscontrare negli adulti, che sopraffatti dal lavoro, dagli impegni e dai problemi di vita quotidiana non riescono a mantenere attiva la consapevolezza di ciò che stanno facendo e di come lo stanno svolgendo. Tuttavia, per alcuni bambini e adolescenti, il livello di attività, le difficoltà nel controllare l’impulsività e l’attenzione sono talmente pervasivi da impedirgli di stare al passo con le richieste della società.

Bambini con ADHD manifestano una tale impulsività e attività da non riuscire a stare fermi, sono continuamente agitati, parlano quando dovrebbero ascoltare, interrompono i discorsi, non riescono a portare a termine un compito, sembrano non ascoltare quando gli si parla e perdono continuamente oggetti a causa della loro disattenzione.  Talvolta rischiano di farsi male a causa della loro impulsività, sono incapaci di stare seduti a lungo in classe e la loro disattenzione può essere causa di difficoltà di apprendimento. Sono labili dal punto di vista emotivo, difficilmente riescono ad autoregolare le loro emozioni. Una volta diventati adulti continuano ad avere problemi. Fanno fatica a mantenere un lavoro, compiono spesso incidenti stradali, durante le conversazioni stimolano irritazione negli altri a causa della loro difficoltà nell’aspettare il loro turno e la tendenza a parlare in momenti non appropriati. Con molta probabilità le vite di questi bambini, adolescenti e adulti saranno compromesse su più fronti, in ambito sociale, scolastico, cognitivo e familiare.

Come si manifesta a casa?

I bambini con ADHD presentano un gran numero di comportamenti che possono interferire con la vita familiare:

  • Spesso non ascoltano le istruzioni dei genitori e non gli obbediscono.
  • Sono disorganizzati.
  • Spesso dicono cose inopportune.
  • Spesso interrompono le conversazioni.
  • È difficile portarli a letto la sera.
  • Possono mettersi in pericolo a causa della loro distrazione o impulsività.
  • Hanno difficoltà a rimanere seduti a tavola durante i pasti.
  • Spesso bisogna richiamarli e assisterli per assicurarsi che portino a termine un compito.
  • Rifiutano di svolgere i compiti a casa o impiegano un tempo eccessivo per terminarli.
  • Possono manifestare una frustrazione intensa quando le loro richieste non vengono esaudite.

Il disturbo ha un forte impatto sui genitori, che sono costretti giorno dopo giorno ad affrontare le esigenze del loro bambino con ADHD e a monitorare i suoi comportamenti, questo può essere estenuante sia dal punto di vista fisico che psicologico. La frustrazione che molti genitori provano può portare a rabbia e senso di colpa verso se stessi, e irritazione verso il bambino.

Non solo i genitori, ma anche i fratelli dei bambini con ADHD devono affrontare una serie di sfide:

  • I loro bisogni spesso ricevono meno attenzione rispetto a quelli del bambino con ADHD.
  • Possono essere rimproverati in maniera più decisa quando sbagliano, ricevendo meno attenzione per i loro successi, perché dati per scontati.
  • Possono essere responsabilizzati nei confronti del fratello e accusati di non aver fatto il proprio dovere se questo si comporta male sotto la loro supervisione.

Al fine di affrontare le sfide quotidiane che un bambino con ADHD pone è necessario essere in grado di padroneggiare una combinazione di compassione e di coerenza. Vivere in una casa che fornisce al contempo amore, struttura e prevedibilità è la cosa migliore per un bambino o un adolescente che sta imparando a gestire il suo ADHD.

Come si manifesta a scuola?

L’ambiente scolastico può essere un luogo difficile per un bambino con ADHD, basta pensare alle richieste che pone: stare fermi, ascoltare in silenzio, seguire le istruzioni, rimanere concentrati e attenti. Tutte cose che riescono difficili ai bambini con questo disturbo.

Gli studenti con ADHD presentano le seguenti sfide per gli insegnanti:

 

  • hanno difficoltà a mantenere l’attenzione nei compiti richiesti;
  • non eseguono le istruzioni e non portano a termine gli incarichi;
  • difficoltà a organizzarsi nei compiti;
  • facilmente distraibili da stimoli estranei;
  • faticano a stare seduti;
  • si alzano spesso dal banco e vanno in giro per la stanza.
  • spesso dimenticano di annotare i compiti per casa, di farli o di portare quanto svolto a scuola;
  • spesso hanno difficoltà con le operazioni che richiedono passi ordinati, come ad esempio una divisione lunga;
  • rispondono alle domande senza porre sufficiente attenzione alla risposta;
  • hanno difficoltà a rispettare il turno;
  • interrompono gli altri durante le fasi di gioco e/o lavoro;
  • bassa autostima;
  • prese in giro da parte di altri compagni;
  • basse prestazioni scolastiche.

 

Nei prossimi articoli si parlerà di valutazione e del trattamento dell’ADHD e delle strategie di intervento efficaci per il bambino, genitori e scuola.

A cura della Dott.ssa Mara Gazzi

Bibliografia

  • DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali M. Biondi (Curatore) Cortina Raffaello, 2014.
  • I disturbi del comportamento in età evolutiva. Fattori di rischio, strumenti di assesment e strategie psicoterapeutiche di Pietro Muratori (Autore), Furio Lambruschi (Autore), Cristian Stenico (Illustratore), Annarita Milone (Prefazione).
  • L’intervento cognitivo-comportamentale per l’età evolutiva Strumenti di valutazione e tecniche per il trattamento Mario Di Pietro, Elena Bassi.
Scrivere proprio non mi piace. Simona e la disortografia.

Scrivere proprio non mi piace. Simona e la disortografia.

Ciao, sono Simona (nome di fantasia), ho 9 anni e scrivere proprio non mi piace.

A scuola vogliono che scriva in corsivo ma se scrivo in corsivo faccio tanti “orrori” – come li chiama la maestra – di ortografia.

Come posso fare? Molte volte non voglio ASSOLUTAMENTE scrivere.

Bentornati! Eccoci qua con un nuovo argomento. Oggi parliamo di DISORTOGRAFIA.

La disortografia è un disturbo specifico dell’apprendimento, più specificatamente della componente ortografica della scrittura. Tale fragilità emerge in particolar modo attraverso 3 errori specifici:

  1. Errori Fonologici, nei quali ciò che il bambino scrive non corrisponde a ciò che è stato detto;
  2. Errori Non Fonologici, ad esempio separazioni o fusioni illegali;
  3. Errori Fonetici, cioè accenti e doppie.

Inoltre, come la dislessia, esistono 2 parametri da osservare in sede di valutazione: la velocità di scrittura e la correttezza ortografica.

Le caratteristiche (https://www.aiditalia.org/come-si-riconoscono-i-dsa) di questo disturbo sono:

  • scarsa autonomia nella scrittura delle parole;
  • sostituzioni o elisioni di lettere;
  • difficoltà nell’atto della scrittura.

Campanelli d’allarme e diagnosi

La diagnosi di disortografia è possibile quando il bambino è in classe terza della scuola primaria (solo in casi eccezionali anche durante la fine della classe secondo) ma questo non vuol dire non riuscire ad osservare possibili campanelli d’allarme emergenti durante la classe seconda. Tra questi campanelli d’allarme troviamo:

  • commette molti errori ortografici;
  • ha difficoltà nello scrivere in corsivo;
  • fatica nel copiare alla lavagna;
  • scambia lettere graficamente o foneticamente simili, ad esempio f-v, p-b, m-n;
  • gestisce non adeguatamente lo spazio del foglio.

Riuscire ad individuare queste prime difficoltà e quindi fare un intervento precoce possiamo permettere al bambino una maggiore serenità durante le ore scolastiche e durante lo svolgimento dei compiti.

Cosa possiamo fare dopo una diagnosi di Disortografia?

Il ruolo della scuola e della famiglia

Successivamente alla diagnosi di disortografia le figure che più devono mettersi in gioco oltre al bambino sono la famiglia e la scuola. Ma in che modo?

L’insegnante è opportuno che metta in atto alcune strategie per favorire l’apprendimento del bambino. Nello specifico può:

  • dispensare il bambino dalla scrittura quando non è questo il primo obiettivo richiesto;
  • far copiare il bambino da un foglio dispensandolo dalla copiatura alla lavagna;
  • lasciare un tempo maggiore per permettere al bambino di completare il lavoro che deve svolgere;

In casi più complessi, e dove il bambino è seguito e guidato, può essere inserito l’utilizzo del computer (dettatura, rilevamento automatico dell’errore)

La famiglia può:

  • familiarizzare con il bambino nell’uso degli strumenti compensativi in accordo con la scuola e se, presente, con il clinico di riferimento;
  • comunicare, ascoltare e accogliere le esigenze e i bisogni del bambino.

Non abbiate timore di chiedere aiuto nel momento in cui notate fragilità di questo tipo nei vostri bambini. Una diagnosi di disortografia permette un maggior benessere nella vita del bambino.

Dott.ssa Giorgia Ghiraldini

Educatrice socio-pedagogica

Bibliografia:

MIO FIGLIO HA UN “BES”… MA CHE SIGNIFICA?!

Mio figlio ha un “BES”… Ma che significa?

Che strana sigla…scopriamo insieme cosa significa BES e perché spesso la ritroviamo “appiccicata” ai nostri ragazzi!

BES sta per “Bisogni Educativi Speciali” ed al suo interno tendenzialmente rientrano 3 grandi sotto-categorie:

  1. DISABILITÀ (tutelati dalla Legge 104/92);
  2. DISTURBI EVOLUTIVI SPECIFICI (Disturbi Specifici dell’Apprendimento – DSA tutelati dalla Legge 170/2010; Disturbo della Coordinazione Motoria ed altri disturbi evolutivi come Disturbo da Deficit di Attenzione e/o Iperattività – ADHD, Funzionamento Intellettivo Limite – FIL, Disturbo Specifico del Linguaggio – DSL, ecc.);
  3. SVANTAGGIO SOCIO-ECONOMICO, LINGUISTICO E CULTURALE.

Come possiamo intuire, rientrano tutte quelle condizioni che possono influire sull’apprendimento dei bambini nel contesto scolastico. I BES sono, però, particolari esigenze educative che possono manifestare gli alunni anche solo per determinati periodi per motivi fisici, biologici, fisiologici o psicologici e sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta. 

Come per i DSA, anche qui ritroviamo una normativa creata ad hoc per rispondere alle necessità di cui abbiamo parlato, ovvero la Circolare Ministeriale “Strumenti d’intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica” (C.M. n.8 del 6 Marzo 2013). La legge sancisce il diritto di ogni studente con BES a ricevere un’istruzione inclusiva che promuova la partecipazione attiva e la realizzazione del proprio potenziale. 

A questa ovviamente segue la stesura di un Piano Didattico Personalizzato ed Individualizzato (PDP) che tenga conto delle difficoltà di ciascun alunno per cui ne è richiesta l’attivazione. Il PDP definisce gli obiettivi, le strategie e gli interventi necessari per favorire l’apprendimento con indicazioni su strumenti compensativi e/o dispensativi. DEVE prevedere diversi aiuti personalizzabili in base alle esigenze del bambino, quali: interrogazioni programmate, dispensa da lettura o scrittura, maggiore tempo nelle verifiche e nei compiti, uso di mappe concettuali, calcolatrice, ecc. 

Non abbiate timore che i vostri figli possano sentirsi “diversi”…questa etichetta BES è in realtà un valido aiuto per permettere loro di fare meno fatica, in modo che sappiano sfruttare al meglio le reali risorse che possiedono. Solo così potrete assicurare loro un percorso di studi sereno e aiutarli a raggiungere gli obiettivi, anche i più impensabili che inizialmente possono apparire insormontabili! 

Dott.ssa Chiara Zaghini 

Psicologa dell’Età Evolutiva

Bibliografia

Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. Indicazioni operative

Brutta scrittura? Ecco quali possono essere le cause e cosa si può fare

Brutta scrittura? Ecco quali possono essere le cause e cosa si può fare

Ogni tanto è possibile vedere che nei quaderni dei bambini la scrittura può non essere bella o facilmente leggibile. Questo può essere semplice disinteresse oppure un sintomo di disgrafia. La disgrafia è nota come un disturbo specifico della scrittura nella riproduzione di segni alfabetici e numerici. 

Come si manifesta? Uno dei segnali più lampanti è, come già citato, è il fatto che la scrittura risulta graficamente brutta e poco leggibile, non si distinguono bene le lettere oppure si confondono. 

Altri segnali più specifici sono: 

  • Impugnatura scorretta dello strumento grafico, quale penna, matita o pennarello
  • Tratto molto marcato, con possibili solchi sul foglio
  • Non viene rispettato il margine sinistro del foglio
  • Non viene rispettata la riga di scrittura
  • Il bambino lamenta che dopo un po’ la mano fa male

J.De Ajuraguerrà ha identificato diverse tipologie di disgrafia in base alla presenza di alcuni segni grafici e di difficoltà motorie o stati emotivi: 

  • Disgrafia dei Rigidi: la scrittura appare tesa, il tracciato presenta molti angoli e alcune lettere vengono ritoccate. La postura è generalmente contratta, il tratto marcato e il bambino manifesta dolori alla mano.  
  • Disgrafia dei Molli: il tracciato è poco curato, non viene rispettato il rigo e la costanza di dimensione dei grafemi; il bambino fatica a gestire la propria postura e lo strumento grafico.
  • Disgrafia degli Impulsivi: la scrittura si presenta poco fluida e a scatti, con difficoltà di gestione e strutturazione dello spazio.
  • Disgrafia dei Maldestri: la scrittura è goffa, con dimensioni irregolari delle lettere, vengono considerate maldestre tutte le disgrafie rigide, molli ed impulsive.
  • Disgrafia dei Lenti: la scrittura è lenta, statica, e molto curata, a volte si osservano tremolii e incertezze nel movimento. In generale la scrittura causa molto affaticamento. 

In generale i bambini disgrafici presentano lacune marcate in alcune aree come quella grafo-motoria, visuo-spaziale, di coordinazione e di memoria di lavoro. 

Ci sono alcuni accorgimenti che possono essere utilizzati sia a casa che a scuola e che possono aiutare i bambini ad acquisire meglio la scrittura e soprattutto a fare meno fatica. 

A seconda dei casi possono essere introdotti particolari tipi di matite con fusto triangolare e prese per l’impugnatura, oppure quaderni che evidenziano i margini e la riga. Per altri consigli specifici si può fare riferimento a uno specialista. 

Buona scrittura!!

Bibliografia: 

  • Disgrafia e difficoltà grafo-motorie, Pratelli M., 2022, Erickson
  • Test BHK Scala sintetica per la valutazione della scrittura in età evolutiva, Di Brina C., Rossini G., 2021, Erickson
IL MIO BAMBINO È GOFFO… QUANDO MI DEVO PREOCCUPARE?

IL MIO BAMBINO È GOFFO… QUANDO MI DEVO PREOCCUPARE?

Quante volte abbiamo osservato i bambini giocare, correre, saltare e ci siamo accorti che alcuni di loro non hanno movimenti fluidi e armoniosi.

Questo dato può essere semplice goffaggine oppure può essere un segnale di disprassia. Andiamo a vedere di cosa si tratta.

Definiamo prima di tutto cosa si intende per prassia: è la capacità di analizzare le informazioni ambientali, trattenere quelle necessarie, ordinarle e organizzarle per raggiungere uno scopo. 

Parliamo invece di disprassia quando il complesso meccanismo appena descritto per programmare un’azione e arrivare a un obiettivo si inceppa e causa delle difficoltà che si possono osservare sul piano motorio globale o fine, sul piano organizzativo, sulle routine della vita quotidiana e sugli apprendimenti, in particolare lettura e scrittura. La disprassia viene anche definita come disturbo della coordinazione motoria e rientra nell’insieme dei disturbi del neurosviluppo. 

I principali segnali d’allarme che possono far pensare che un bambino è disprassico sono:

  • Goffaggine e scarsa agilità, caratterizzata da movimenti impacciati e maldestri, cadute frequenti e tendenza ad inciampare
  • Ridotta capacità nelle abilità grafiche, come scrittura e disegno, o nelle abilità manuali
  • Difficoltà a compiere alcune attività di vita quotidiana, come vestirsi e svestirsi o preparare lo zaino di scuola
  • Facile distraibilità e affaticabilità nei compiti che richiedono un importante sforzo dal punto di vista organizzativo
  • Posture inadeguate, che dipendono da una scarsa consapevolezza del proprio corpo 
  • Difficoltà a orientarsi nello spazio 
  • Lentezza esecutiva.

Per fare un inquadramento corretto delle difficoltà e delle capacità del bambino è necessaria una valutazione specialistica che avviene attraverso alcuni test che valutano le abilità del bambino di organizzare e pianificare i movimenti e le azioni. 

Una volta identificato questo disturbo è possibile intraprendere un percorso abilitativo e riabilitativo che consente al bambino di apprendere e fare sue alcune strategie che lo aiutano nella quotidianità.

È necessario tenere a mente che i bambini disprassici non sono meno intelligenti o pigri, anzi presentano alcuni tratti che consentono di compensare le difficoltà organizzative e pianificative.

Dott.ssa Ilaria Dissette

Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva

Odio leggere: La storia di Marco e la sua dislessia

Odio leggere: La storia di Marco e la sua dislessia

Ciao, sono Marco (nome di fantasia) e odio leggere.

O meglio.. mi piacerebbe tanto leggere ma faccio tanta tanta fatica.  

Mi piacciono tantissimo i libri di Geronimo Stilton ma per leggere poche pagine ci metto tanto tempo e quindi poi mi stanco e lascio perdere.

Un giorno però ho scoperto il perché di questa mia fatica, la DISLESSIA ed ora va sempre meglio e riesco a finire pian piano i capitoli, uno dopo l’altro.

Ebbene sì, oggi affrontiamo un argomento anticipato da questo articolo (http://studioprogettovita.it/?p=2460) della Dott.ssa Gazzi, ma proviamo andare un po’ più nello specifico entrando nel mondo della dislessia.

La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento, più specificatamente della lettura. La lettura, con una diagnosi di dislessia risulta essere lenta oppure non corretta; usando termini più adeguati si fa riferimento alla rapidità e all’accuratezza della lettura rispetto all’età del bambino e alla classe frequentata.

Le caratteristiche (https://www.aiditalia.org/come-si-riconoscono-i-dsa) di questo disturbo sono:

  • lenta decifrazione delle singole lettere;
  • incertezza nell’utilizzo delle sillabe;
  • scarso controllo del significato delle parole.

Campanelli d’allarme e diagnosi

La diagnosi di dislessia è possibile effettuarla solo dopo la fine della seconda classe della scuola primaria ma questo non vuol dire non riuscire ad osservare possibili campanelli d’allarme emergenti durante la classe prima e seconda e alla scuola dell’infanzia. Tra questi campanelli d’allarme troviamo:

  • confusione nella lettura o nella formulazione orale dei suoni;
  • inadeguata padronanza fonologica;
  • difficoltà nel riconoscimento del fonema iniziale o finale di una parola;
  • lettura lenta o lettura sillabica;
  • scambio di fonemi o grafemi;

Un intervento precoce grazie all’individuazione di questi piccoli segnali permette un miglior processo di apprendimento e un maggior benessere nel bambino durante tutte le attività quotidiane e scolastiche.

Cosa possiamo fare dopo una diagnosi di Dislessia?

Il ruolo della scuola e della famiglia

Successivamente alla diagnosi di dislessia le figure che più devono mettersi in gioco oltre al bambino sono la famiglia e la scuola.

L’insegnante è opportuno che metta in atto alcune strategie per favorire l’apprendimento del bambino. Nello specifico può:

  • dispensare il bambino dalla lettura ad alta voce nel momento in cui questo risulti essere per il bambino stesso situazione di frustrazione e disagio;
  • ridurre il materiale di lettura;
  • potenziare l’apprendimento visivo, se adeguato al bambino;
  • concedere più tempo durante le verifiche;
  • potenziare l’utilizzo di strumenti compensativi, quali sintesi vocale o strumenti che consentano al bambino un maggior avvicinamento alla lettura senza affaticamento eccessivo.

La famiglia può:

  • familiarizzare con il bambino nell’uso degli strumenti compensativi in accordo con la scuola e se, presente, con il clinico di riferimento;
  • proporre attività giocose che permettano l’accesso ad un lessico quali ad esempio, scarabeo;
  • dispendiare il bambino in attività di lettura lunghe, leggendo al suo posto lasciando però il testo sotto al suo sguardo.

 

Non abbiate timore di chiedere aiuto nel momento in cui notate fragilità di questo tipo nei vostri bambini. Una diagnosi di dislessia permette un maggior benessere nella vita del bambino e permette lui di affrontare la propria vita grazie all’utilizzo di strategie e strumenti funzionali alle proprie caratteristiche.

Dott.ssa Giorgia Ghiraldini

Educatrice socio-pedagogica

Bibliografia e sitografia:

  • https://www.aiditalia.org
  • Dislessia e altri DSA a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti., Erickson, 2013
L’APPROCCIO OSTEOPATICO NEI BAMBINI AFFETTI DA DISTURBI DELL’ATTENZIONE (ADHD)

L’APPROCCIO OSTEOPATICO NEI BAMBINI AFFETTI DA DISTURBI DELL’ATTENZIONE (ADHD)

Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) è un disturbo neuro evolutivo che colpisce comunemente bambini e adolescenti, interessando il 5-15% della popolazione pediatrica, con un’incidenza doppia nei maschi. Tale disturbo è caratterizzato da una durata scarsa o breve dell’attenzione con aggiunta o meno di vivacità e impulsività eccessive non appropriate all’età del bambino, che interferiscono con le funzionalità o lo sviluppo. 

 

Si tratta di un disturbo cerebrale presente dalla nascita o che si sviluppa subito dopo.

Alcuni bambini manifestano difficoltà soprattutto di attenzione prolungata, concentrazione e capacità di portare a termine le attività; altri bambini sono iperattivi e impulsivi; altri ancora manifestano entrambi gli stati. 

Le cause di questa condizione clinica sono ancora sconosciute; gli studi hanno individuato molteplici processi eziologici tra cui i più probabili sono riconducibili a fattori genetici, traumatici, neurologici e ambientali. La ricerca indica che probabilmente l’ADHD è causato da alterazioni dei neurotrasmettitori (sostanze che trasmettono gli impulsi nervosi al cervello). Alcuni altri fattori di rischio sono basso peso alla nascita (inferiore a 1500 grammi), lesioni craniche, infezioni cerebrali, carenza di ferro, apnea ostruttiva nel sonno ed esposizione a piombo, nonché ad alcol o tabacco o droghe, prima della nascita. Può anche essere associato a eventi traumatici durante la prima infanzia.

 

I sintomi del disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività possono essere di entità da lieve a grave, possono diventare esagerati o costituire un problema in alcuni ambienti, in particolare a casa del bambino o a scuola.

Per la diagnosi delle difficoltà in bambini con profilo ADHD si utilizzano i criteri diagnostici clinici tra i quali il DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), i test BIA (Batteria Italiana per l’ADHD), il Test delle Campanelle di Biancardi/Stoppa, questionari compilati da genitori e insegnanti, oltre che osservazioni del bambino.

Il trattamento standard del disturbo da deficit di attenzione/iperattività si avvale dell’utilizzo di strategie psicologiche comportamentali, parent training e della terapia farmacologica con farmaci stimolanti come metilfenidato o destroanfetamina (in preparazioni a breve e a lunga durata d’azione). Studi controllati randomizzati mostrano che le terapie comportamentali e la terapia farmacologica sono meno efficaci se usate singolarmente per i bambini in età scolare, ma la terapia comportamentale o di combinazione è raccomandata per i bambini più piccoli. 

Sebbene i farmaci non determinino la correzione delle sottostanti differenze neurofisiologiche dei pazienti con disturbo da deficit di attenzione/iperattività, tuttavia sono efficaci nel ridurre la sintomatologia e permettono al paziente di partecipare ad attività e a compiti precedentemente impossibili a causa della scarsa attenzione ed impulsività. I farmaci permettono di controllare i comportamenti anomali potenziando così gli interventi cognitivo comportamentali, la motivazione e l’autostima.

L’impiego di medicine complementari e alternative per la gestione dei bambini con ADHD è stato a lungo indagato, eppure mancano ancora prove robuste a riguardo.

Un’iniziale risposta dalla medicina Osteopatica è partita nel 2012 con un interessante ed approfondito studio italiano pubblicato sul “Journal of American Osteopathic Association”.

L’obiettivo primario del presente studio è stato quello di determinare l’effetto della terapia manipolativa osteopatica sui livelli di attenzione nei bambini con ADHD. In particolare, sono state valutate le differenze nei punteggi Biancardi-Stroppa Test tra i bambini che hanno ricevuto il Trattamento Manipolativo Osteopatico (OMT) associato alle cure convenzionali e i bambini che hanno ricevuto soltanto la cura convenzionale.

Alla fine del periodo di studio, si è riscontrata una differenza statisticamente significativa tra il gruppo studio e il gruppo controllo rispetto i punteggi Biancardi-Stroppa Test nella rapidità, ma non nella precisione. Invece, con la regressione lineare multivariata, il Trattamento Manipolativo Osteopatico è stato associato positivamente a un cambiamento nel punteggio del Test Biancardi- Stroppa in termini di precisione.

 

Ciò che è emerso ha evidenziato un miglioramento nell’accuratezza e questo dimostra un miglioramento nelle capacità di concentrazione, focalizzazione e esclusione dei fattori distraenti. Importante è inoltre sottolineare che durante il periodo di studio non sono stati registrati effetti collaterali causati dal Trattamento Manipolativo Osteopatico.

 

Questo studio ha dunque mostrato gli effetti benefici dell’Osteopatia applicata ai bambini con ADHD. L’uso di OMT, in aggiunta alla terapia convenzionale, è stato associato a un miglioramento statisticamente significativo nell’attenzione. I risultati del presente studio randomizzato controllato suggeriscono perciò che il Trattamento Manipolativo Osteopatico, in aggiunta al trattamento convenzionale, può migliorare le prestazioni di attenzione selettiva e mantenuta nei bambini con Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività.

La medicina Osteopatica integrandosi con il team di figure professionali che ruotano attorno ai piccoli Pazienti, mantiene il suo compito di aumentare lo Stato di Salute, migliorando il grado di relazione con gli stimoli ambientali e modulando la risposta neurologica autonomica e centrale agli input esterni. In questo modo le riserve adattative e la gestione metabolica delle risorse potrà essere gestita al meglio e nei bambini che presentano un disturbo da ADHD questo si tradurrà in un’opportunità ulteriore nel favorire maggiori capacità di adattamento e di gestione della sintomatologia.

 

Andrea Viale DO – Osteopata

BIBLIOGRAFIA

 

  • Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – DSM5
  • https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/pediatria/disturbi-dell-apprendimento-e-dello-sviluppo/disturbo-da-deficit-di-attenzione-adhd
  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24778002/