Ricerca per:
MIO FIGLIO VA MALE A SCUOLA E LE MAESTRE MI HANNO CONSIGLIATO UNA VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI…MA DI COSA SI TRATTA?

MIO FIGLIO VA MALE A SCUOLA E LE MAESTRE MI HANNO CONSIGLIATO UNA VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI…MA DI COSA SI TRATTA?

Spesso accade che, nei primi anni della scuola primaria, le maestre segnalino alcune difficoltà di acquisizione dei processi legati alla lettura, alla scrittura o al calcolo. Di conseguenza, consigliano alla famiglia di effettuare una valutazione per appurare la presenza o meno di difficoltà oggettive, per poi iniziare un percorso di potenziamento mirato e la conseguente attivazione, nel contesto scolastico, delle normative atte a tutelare gli alunni con “bisogni speciali”. 

Quando, però, incontriamo voi genitori spesso ci riportate dubbi e perplessità… Eccoci qui per chiarirli una volta per tutte!

Una valutazione degli apprendimenti completa deve approfondire ognuna delle aree, indipendentemente dal fatto che la difficoltà segnalata sia specifica solo di una. Senza andare troppo nello specifico con terminologie noiose, nomi e sigle assurde, vi spiego con molta semplicità cosa andiamo ad indagare:

  • LETTURA: si parte con una classica lettura di brano ad alta voce, in cui si segnano gli eventuali errori commessi dal bambino e la velocità impiegata, per poi eventualmente approfondire attraverso la lettura di parole isolate o di parole completamente inventate, per verificare la corrispondenza tra il grafema scritto e il fonema pronunciato;
  • COMPRENSIONE: strettamente legata alla competenza di lettura, si va ad indagare quanto ciò che viene letto viene anche compreso, attraverso la lettura di un brano con le relative domande a scelta multipla a cui rispondere; questa abilità si indaga anche in modalità da ascolto, dove la lettura viene in realtà effettuata dal professionista;
  • SCRITTURA: quest’area viene indagata sia dal punto di vista ortografico, con le classiche prove di dettato, ma anche dal punto di vista della produzione scritta di un testo spontaneo; inoltre, si dedica attenzione anche al gesto grafo-motorio, per indagare la fluidità o meno nell’uso dei vari allografi (stampato e corsivo);

CALCOLO: l’area della matematica viene indagata attraverso batterie che analizzano le competenze del calcolo scritto e del calcolo a mente, oltre a prove di ragionamento logico che indagano la capacità di lavorare con materiale numerico e di saper cogliere adeguatamente il senso del numero; da non dimenticare anche l’abilità di problem-solving nella fase di risoluzione dei problemi aritmetici.

In linea di massima, queste sono le prove standard che proponiamo, ovviamente somministrate sulla base della classe frequentata dal bambino, per cui vanno ad approfondire esclusivamente quelle competenze che dovrebbero essere state acquisite in base alla programmazione scolastica. Ciò che si richiede allo studente è di svolgere i test nel miglior modo, tenendo conto che alcuni di questi prevedono anche un limite di tempo entro cui svolgerli. A noi, però, interessa vedere fino a che punto è in grado di svolgere in autonomia le prove, per comprendere dove può essere mancata l’automatizzazione di quel preciso processo. 

Successivamente alla correzione ed alla stesura della relazione, si illustrano ai genitori le prove e i risultati e si opta per un eventuale percorso di potenziamento personalizzato, oltre a prendere contatti con le insegnanti per un lavoro di squadra. Perché ricordiamoci… INSIEME SI PUÒ!

Dott.ssa Chiara Zaghini 

Psicologa dell’Età Evolutiva

MIO FIGLIO HA UN DSA… CHI O COSA PUÒ AIUTARLO A SCUOLA?

MIO FIGLIO HA UN DSA… CHI O COSA PUÒ AIUTARLO A SCUOLA?

Dopo aver svolto una valutazione degli apprendimenti scolastici ed aver stilato un profilo di funzionamento completo del bambino o ragazzo, il clinico esperto in Disturbi Specifici dell’Apprendimento può chiudere una diagnosi per DSA. Ma cosa implica questa dicitura? 

Tranquilli, non ci spaventiamo prima del dovuto! Avere un DSA non è nulla di così scandaloso, significa semplicemente che i nostri figli faticano ad automatizzare alcuni processi implicati negli apprendimenti che per noi risultano spontanei, ma ciò non significa che siano meno intelligenti dei loro compagni. 

Fortunatamente il mondo della scuola può tutelarli attraverso una legge specifica, creata ad hoc per rispondere ai bisogni ed alle necessità che i ragazzi con DSA possono incontrare lungo il loro percorso scolastico, sia che si tratti della scuola primaria o secondaria, per non dimenticarci infine dell’università!

La legge in questione si chiama “LEGGE 8 ottobre 2010, n. 170” ed è quella che trovate citata proprio nei referti delle valutazioni. Si tratta di una normativa italiana che promuove l’inclusione scolastica degli studenti che presentano una diagnosi di DSA. Nello specifico, infatti, sono inserite le nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico. Lo scopo di questa normativa è fornire il giusto riconoscimento e la corretta definizione di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, oltre ad elargire tutte le necessarie misure educative e didattiche di supporto, che si esplicano nella creazione di un PDP (Piano Didattico Personalizzato). Questo documento contiene gli strumenti compensativi e/o dispensativi che l’alunno DEVE assolutamente usare nel contesto scolastico, sia in sede di lezione frontale, sia durante lo studio pomeridiano ma soprattutto nelle fasi di valutazione e di verifica.

Alcuni esempi di strumenti riguardano: semplificazione delle verifiche scritte, fornendo maggior tempo a disposizione o riducendo il numero di esercizi proposti; predilezione delle interrogazioni orali; uso di mappe e schemi per lo studio; focus sul contenuto degli elaborati scritti piuttosto che sulla forma; risorse digitali come uso di computer e calcolatrice; utilizzo del dizionario anche nelle lingue straniere… Ogni professionista è tenuto a stilare una lista di strumenti specifici e personalizzati per il singolo studente, i quali andranno poi riportati dal team docente all’interno del famoso PDP, documento che andrà necessariamente condiviso anche con la famiglia.

Non dimentichiamoci il fondamentale lavoro di rete tra famiglia, scuola e professionisti…dobbiamo essere una squadra! L’attivazione di questa normativa è fondamentale per i ragazzi per non sperimentare eccessiva frustrazione di fronte al riconoscimento delle loro difficoltà e guadagnare in autostima grazie ai numerosi successi che possono così ottenere!

Dott.ssa Chiara Zaghini 

Psicologa dell’Età Evolutiva

Brutta scrittura? Ecco quali possono essere le cause e cosa si può fare

Brutta scrittura? Ecco quali possono essere le cause e cosa si può fare

Ogni tanto è possibile vedere che nei quaderni dei bambini la scrittura può non essere bella o facilmente leggibile. Questo può essere semplice disinteresse oppure un sintomo di disgrafia. La disgrafia è nota come un disturbo specifico della scrittura nella riproduzione di segni alfabetici e numerici. 

Come si manifesta? Uno dei segnali più lampanti è, come già citato, è il fatto che la scrittura risulta graficamente brutta e poco leggibile, non si distinguono bene le lettere oppure si confondono. 

Altri segnali più specifici sono: 

  • Impugnatura scorretta dello strumento grafico, quale penna, matita o pennarello
  • Tratto molto marcato, con possibili solchi sul foglio
  • Non viene rispettato il margine sinistro del foglio
  • Non viene rispettata la riga di scrittura
  • Il bambino lamenta che dopo un po’ la mano fa male

J.De Ajuraguerrà ha identificato diverse tipologie di disgrafia in base alla presenza di alcuni segni grafici e di difficoltà motorie o stati emotivi: 

  • Disgrafia dei Rigidi: la scrittura appare tesa, il tracciato presenta molti angoli e alcune lettere vengono ritoccate. La postura è generalmente contratta, il tratto marcato e il bambino manifesta dolori alla mano.  
  • Disgrafia dei Molli: il tracciato è poco curato, non viene rispettato il rigo e la costanza di dimensione dei grafemi; il bambino fatica a gestire la propria postura e lo strumento grafico.
  • Disgrafia degli Impulsivi: la scrittura si presenta poco fluida e a scatti, con difficoltà di gestione e strutturazione dello spazio.
  • Disgrafia dei Maldestri: la scrittura è goffa, con dimensioni irregolari delle lettere, vengono considerate maldestre tutte le disgrafie rigide, molli ed impulsive.
  • Disgrafia dei Lenti: la scrittura è lenta, statica, e molto curata, a volte si osservano tremolii e incertezze nel movimento. In generale la scrittura causa molto affaticamento. 

In generale i bambini disgrafici presentano lacune marcate in alcune aree come quella grafo-motoria, visuo-spaziale, di coordinazione e di memoria di lavoro. 

Ci sono alcuni accorgimenti che possono essere utilizzati sia a casa che a scuola e che possono aiutare i bambini ad acquisire meglio la scrittura e soprattutto a fare meno fatica. 

A seconda dei casi possono essere introdotti particolari tipi di matite con fusto triangolare e prese per l’impugnatura, oppure quaderni che evidenziano i margini e la riga. Per altri consigli specifici si può fare riferimento a uno specialista. 

Buona scrittura!!

Bibliografia: 

  • Disgrafia e difficoltà grafo-motorie, Pratelli M., 2022, Erickson
  • Test BHK Scala sintetica per la valutazione della scrittura in età evolutiva, Di Brina C., Rossini G., 2021, Erickson
DISTURBO DELLA COMPRENSIONE VERBALE: CAMPANELLI D’ALLARME

DISTURBO DELLA COMPRENSIONE VERBALE: CAMPANELLI D’ALLARME

“Perché mio figlio sembra non capire quando gli parlo? ”

“Il mio bimbo/a risponde in modo incongruo alle mie domande, a volte ripete ciò che gli chiedo”

“il mio bimbo/a rimane spaesato se gli chiedo di fare qualcosa”

“mio figlio non parla”

Queste frasi sono spesso indice di una problematica definita come disturbo della comprensione verbale.  

In che cosa consiste e come si manifesta questa difficoltà? 

La comprensione verbale è una competenza specifica del linguaggio, ci permette di capire il linguaggio parlato e scritto e di dare i giusti significati alle parole e frasi. 

“Quindi se non capisce, il bimbo non è intelligente?” NO!

Il disturbo di comprensione verbale non è necessariamente associato a un disturbo/ritardo cognitivo, ma nella maggior parte dei casi è limitato alla sfera del linguaggio. Va precisato, però, che da un’adeguata comprensione dipende un’adeguata produzione del linguaggio e che un bambino inizia a parlare quando già è in grado di comprendere molti significati.

Quali atteggiamenti osservare?

  • se gli parli o gli poni una domanda resta in silenzio interdetto guardandosi attorno spaesato;
  • risponde in maniera incongrua a ciò che gli è stato chiesto;
  • ripete ciò che gli viene detto
  • sembra non ci stia ascoltando;
  • presenta comportamenti aggressivi o di rabbia. 

Se noti uno o più di questi segnali nel tuo bimbo, è importante approfondire con il logopedista il livello di comprensione verbale e trovare insieme strategie per migliorare questa competenza. 

Dott.ssa Laurino Gabriella

Logopedista

Aiuto, non riesco a decifrarla! Una guida pratica su come leggere una relazione

Aiuto, non riesco a decifrarla! Una guida pratica su come leggere una relazione

Ora mi rivolgo a voi: immagino vi sia capitato più volte di ritrovarvi in mano una relazione clinica effettuata da un professionista in cui compaiono numeri, sigle e altre cose indecifrabili, che però non vi sono stati adeguatamente spiegati. Ecco, sono qui per darvi qualche piccolo suggerimento su come interpretare una relazione, in particolar modo quelle riguardanti i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

Cosa sono le deviazioni standard?

Le deviazioni standard, abbreviate con la sigla DS, indicano quanto il punteggio ottenuto dai vostri figli si discosta dalla media della popolazione di riferimento su cui è stato standardizzato il test. Esiste un punteggio limite sotto al quale la prestazione risulta clinicamente significativa, cioè necessita di un intervento da parte di un professionista esperto. Mi riferisco alla soglia delle -2 deviazioni standard: quando leggete questo numero, preceduto anche dal simbolo “minore” (<-2DS), significa che la prestazione in quella prova è nettamente sotto la norma. 

Cosa sono i percentili?

I percentili, invece, permettono di posizionare la prestazione dei vostri figli in una sorta di scala che va da 0 a 100, in cui nel punto massimo abbiamo la migliore prestazione raggiungibile dalla maggior parte dei coetanei che hanno la stessa età e frequentano la stessa classe (cioè, hanno pari grado di scolarità). In questo caso, la soglia viene posta al 5° percentile: quando il punteggio si colloca al di sotto (<5° p.), è richiesto un intervento immediato. 

Cosa sono le fasce di prestazione?

Talvolta, vengono utilizzate delle sigle che corrispondono a determinate fasce di prestazione. Qui sotto vi lascio una piccola legenda, che potete tenere sottomano la prossima volta che vi cimentate nella lettura di una valutazione clinica degli apprendimenti scolastici.

  • PO = Prestazione Ottimale
  • CCR = Criterio Completamente Raggiunto
  • PS = Prestazione Sufficiente
  • RA = Richiesta di Attenzione
  • RII = Richiesta di Intervento Immediato

È la fascia RII a destare maggiore preoccupazione; infatti, in linea di massima, possiamo paragonarla proprio alle -2DS o al 5° percentile che abbiamo appena visto sopra.

Spero che questa rapida carrellata di numeri e sigle possa esservi utile per comprendere meglio i punteggi che i vostri ragazzi ottengono ai test diagnostici utilizzati durante le valutazioni. E ricordate…non abbiate paura a chiedere chiarimenti al professionista. Durante il colloquio di restituzione è suo dovere aiutarvi anche a decifrare questi dati. E se la questione non vi è ancora del tutto chiara, chiedetegli di ripetere nuovamente perché il professionista è lì a vostra disposizione anche per questo. Non dovete mai uscire dalla stanza senza aver chiarito tutti i vostri dubbi!

Dott.ssa Zaghini Chiara

Dottoressa in Psicologia dello Sviluppo

PEI – PDP: facciamo chiarezza con similitudini e differenze

PEI - PDP: facciamo chiarezza con similitudini e differenze

Oggi in questo articolo affronteremo uno degli elementi chiave su cui insegnanti, famiglie e professionisti si trovano a ragionare al fine di rendere il percorso scolastico degli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) personalizzato con strategie individualizzate ed adeguate alle necessità e alle caratteristiche di ciascuno.

PEI e PDP sono entrambi documenti di programmazione che vanno redatti annualmente in presenza di alunni BES e DSA.

Più precisamente, il PEI Piano Educativo Individualizzatoviene redatto ad inizio anno scolastico ed è finalizzato a garantire l’integrazione scolastica degli alunni in presenza di certificazione di disabilità; in esso è descritta la programmazione delle attività e l’individuazione delle strategie e metodologie necessarie per il raggiungimento degli obiettivi didattici ed educativi dell’alunno. 

Il PDP è, invece, il Piano Didattico Personalizzato, che permette di definire le strategie didattiche più efficaci per permettere all’alunno con diagnosi di DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) o BES non certificato di raggiungere gli obiettivi formativi, anche grazie agli strumenti compensativi e alle misure dispensative necessarie quando previste.

Fatta questa prima semplice distinzione, andiamo ora ad analizzarne brevemente similitudini e differenze attraverso alcune domande e risposte:

Quando è necessaria la compilazione?

Il PEI va compilato in presenza di alunni con disabilità certificata secondo la Legge 104/92.

Il PDP si compila quando a scuola siamo in presenza di:

  • Alunni con diagnosi certificata di Disturbo Specifico dell’Apprendimento (dislessia, discalculia, disgrafia, disortografia) secondo la Legge 170/2010
  • Alunni non certificati con Bisogni Educativi Speciali di cui fanno parte gli alunni con iter diagnostico non ancora completato, alunni con svantaggio socio-economico o socio-culturale o alunni con fragilità di natura psicologica e/o comportamentale.

Sono documenti obbligatori?

Il PEI è sempre obbligatorio in presenza di alunni con disabilità certificata, in base alle L. 104/92 e al D.P.R. 24/2/94.

Il PDP è obbligatorio se siamo in presenza di una diagnosi di DSA certificata, in base alla Legge 170/2010 e alle Linee Guida del MIUR; al contrario, non è obbligatorio per gli alunni BES non certificati e/o per studenti in situazione di svantaggio; in questo ultimo caso gli insegnanti possono decidere se utilizzare e formalizzare o meno le strategie didattiche maggiormente funzionali per alunno attraverso la stesura del PDP.

Chi si occupa di redigere il PEI e il PDP?

Il PEI viene compilato dalla scuola in collaborazione con i servizi socio-sanitari competenti, gli eventuali professionisti privati che si occupano della presa in carico dell’alunno, avvalendosi anche della preziosa collaborazione della famiglia.

Il PDP è invece redatto dal consiglio di classe; per una formulazione personalizzata sulla base delle specificità dell’alunno è consigliabile, prima della stesura del documento, di prendere contatto con le figure professionali coinvolte per condividere suggerimenti e strategie operative. 

In quale momento dell’anno scolastico compilare PEI e PDP?

Il PEI viene redatto a inizio anno scolastico;

Il PDP dovrebbe essere redatto entro tre mesi dall’inizio dell’anno scolastico ma, in caso di necessità, può essere compilato anche in periodi successivi. 

Quali sono i contenuti principali che devono essere presenti in tali documenti di programmazione?

Rispetto ai contenuti del PEI, non esiste un modello unico e la normativa ne stabilisce gli elementi essenziali quali gli obiettivi (didattici, educativi, di socializzazione); le metodologie di intervento unitamente alle strategie e agli strumenti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi, i criteri di valutazione. Oltre a questo, vanno riportati nel PEI anche gli interventi di natura extrascolastica concordate con i servizi socio-sanitari e con la famiglia.

Tra i contenuti chiave del PDP vi sono invece la descrizione del funzionamento delle abilità di lettura, scrittura e calcolo che può essere desunta dalla diagnosi e/o dall’osservazione in classe; a tali elementi, desunti dalla diagnosi e/o dall’osservazione in classe, possono essere aggiunte tutte le altre caratteristiche, specifiche dell’alunno, che è necessario considerare ai fini di una programmazione didattica personalizzata. Il PDP deve poi contenere la programmazione delle attività didattiche comprensiva degli strumenti compensativi e delle misure dispensative da adottare, nonché i criteri di verifica e valutazione.

Chi firma il PEI e il PDP?

Il PEI deve essere firmato da tutti i soggetti che hanno partecipato alla sua stesura nell’ottica di una responsabilità condivisa e di un lavoro di rete tra scuola, servizi socio-sanitari e famiglia.

Il PDP è firmato dal dirigente scolastico, dai docenti e dalle famiglie.

Al termine di questo articolo mi auguro di essere riuscita nel mio intento: aiutarvi a fare un po’ di chiarezza per far si che da ora in poi, quando sentirete parlare di PDP e PEI, saprete di che cosa si tratta e in cosa si differenziano. Poiché sono entrambi due documenti complessi e fondamentali nell’universo scuola vi esorto a rimanere connessi… a breve usciranno due articoli dedicati al pianeta PEI e al pianeta PDP per scoprirne tutte le caratteristiche e i suggerimenti utili annessi e connessi per aiutare famiglie ed insegnanti ad orientarsi meglio nella stesura di questa documentazione.

Benedetta Levorato

Psicologa dell’età evolutiva

Cosa sono gli strumenti compensativi? E le misure dispensative?

Cosa sono gli strumenti compensativi? E le misure dispensative?: facilitatori o mezzi del tutto inclusivi?

Qualche giorno fa abbiamo mosso i primi passi nel mondo dei DSA (Dsa) scoprendo di cosa si tratta e le loro principali caratteristiche

E’ giunto quindi il momento di conoscere quelli che sono gli strumenti compensativi e le misure dispensative che gli studenti con diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento, possono utilizzare essere grazie alla legge 170 del 8 ottobre 2010, Nuove norme in maniera di disturbi specifici dell’apprendimento in ambito scolastico.

Questa legge all’articolo 5 definisce le “Misure didattiche di supporto” offrendo il diritto a coloro che hanno diagnosi di DSA, di poter utilizzare gli appositi provvedimenti compensativi e dispensativi di flessibilità didattici nel corso degli anni di studio.

Avete capito quindi cosa sono? 

Provo a spiegarvelo partendo prima da un piccolo gioco!!!

  • Porti gli occhiali? Se si prova a toglierli e guardati attorno.. cosa vedi?
  • Se gli occhiali non li hai prova a scrivere con la mano opposta a quella che usi abitualmente.. come va?

Fatto? Cosa hai provato???

Io una certa frustrazione. Senza occhiali non vedo da lontano e scrivere con la mano sinistra mi è quasi impossibile… quindi? Partendo da questi due piccoli esempi provo ora a spiegarti, in modo semplice e chiaro, cosa sono questi strumenti di cui spesso si sente parlare. 

Gli strumenti compensativi

Partiamo dal primo esempio: gli occhiali, strumenti che, per chi come me non vede al meglio, è tenuto a portare. Questi corrispondono ad un vero e proprio strumento compensativo. Essi, infatti, vanno a compensare una mia fragilità e mi permettono di raggiungere obiettivi eguali a chi gli occhiali non li ha. Possiamo quindi affermare che gli strumenti compensativi sono mezzi che, all’interno dell’ambiente scolastico, permettono un apprendimento efficiente da parte dell’alunno favorendo in lui la “diminuzione” delle difficoltà e delle fragilità in determinate attività o compiti.

 

Ogni strumento è personalizzato alle potenzialità e fragilità dello studente e non rappresentano in alcun modo una facilitazione. Essi consentono pari opportunità di apprendimento tra compagni.

Le misure dispensative

Il secondo esempio che ti ho fatto prima riguarda la scrittura con la mano opposta a quella abituale. Facile no? Ecco, le misure dispensative corrispondono a interventi che dispensano l’alunno da determinate attività o compiti che risultano essere complessi per lui e che non favoriscono in alcun modo l’apprendimento. 

Vediamone insieme alcuni esempi. 

Ecco alcuni strumenti compensativi:

  • Utilizzo della calcolatrice;
  • Utilizzo di mappe o schemi personalizzati;
  • Uso di un quaderno “speciale” con righi colorati;
  • Carattere con un font particolare o con una grandezza maggiore;
  • Uso della sintesi vocale.. e tantissimi altri.

Tra le misure dispensative troviamo:

  • evitare l’uso del corsivo o dello stampato minuscolo o la scrittura della lingua o delle lingue straniere
  • maggior tempo nelle prove di verifica;
  • dispensa dalla lettura ad alta voce o solo se concordata con l’alunno.
  • non richiedere la copia dalla lavagna o scrivere a mano sotto dettatura;
  • sostenere solo interrogazioni programmate, in forma orale o, in taluni casi, le verifiche in formato digitale.

È chiaro dunque come strumenti compensativi e dispensativi, se utilizzati in maniera personalizzata, diventano fondamentali per accompagnare i ragazzi nel loro percorso di autonomia. Per tale ragione ricordiamo che l’uso di tali strumenti è fondamentale anche a casa durante i pomeriggi di studio al fine di rendere il momento dei compiti efficace e strategico ma soprattutto di far sentire lo studente compreso, valorizzato e sostenuto permettendogli di raggiungere un buon livello di autostima e autoefficacia personale.

Spero che questo articolo ti abbia chiarito le idee sull’argomento, se invece hai ancora domande, contattami presso lo Studio Progetto Vita, sarò felice di aiutarti! Ti auguro un buon proseguimento e ti aspetto al prossimo articolo.

Dott.ssa Giorgia Ghiraldini

Educatrice socio-pedagogica

I disturbi specifici dell’apprendimento

I disturbi specifici dell'apprendimento

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono disturbi del neuro-sviluppo che coinvolgono la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente; si manifestano nel corso dei primi due o tre anni della scuola primaria, quando il bambino si cimenta con i primi compiti, in particolare con l’apprendimento della lettura, della scrittura e delle competenze matematiche. Vengono definiti “disturbi” perché non dipendono da scarso studio o esercizio ma piuttosto dall’impossibilità nel consolidamento di alcuni apprendimenti. Se, ad esempio, un bambino non riesce a memorizzare le tabelline, non è esercitandosi di più che riuscirà in questo intento.
I DSA si caratterizzano per una difficoltà cronica nell’automatizzare alcune abilità; dunque, lo stesso bambino che non riesce a imparare le tabelline, anche da adulto avrà bisogno di pensare a lungo per ricordare un risultato della tavola pitagorica. Ciò non significa che non si possa migliorare in alcuni apprendimenti e riuscire a sviluppare abilità scolastiche, accademiche o professionali di un certo livello. Allo stesso tempo, però, alcune caratteristiche dei DSA possono rimanere inalterate nel corso di tutta la vita.

 

Poniamo attenzione a due parole chiave per comprenderne al meglio il significato: specifici ed evolutivi

Sono specifici perché riguardano esclusivamente alcuni processi di apprendimento, cioè automatismi che non si sviluppano durante il percorso scolastico come la lettura precisa e fluente, la capacità di scrivere senza errori, con grafia regolare e decifrabile e usando lo spazio in modo adeguato, di elaborare i numeri e calcolare

Evolutivi: il disturbo dell’apprendimento si manifesta in età evolutiva, quando emerge la difficoltà del bambino a sviluppare una capacità che per gli altri invece diventa progressivamente un automatismo, ed è modificabile con interventi specifici.

 
Importante sottolineare che i DSA non sono una malattia in quanto non sono dovuti ad un danno organico, ma un diverso neuro funzionamento del cervello, che non impedisce la realizzazione della specifica abilità (lettura, scrittura, numerazione o altro) ma necessita di tempi più lunghi e carichi maggiori di attenzione; una persona con DSA ha intelligenza e capacità cognitive adeguate alla sua età: può però apprendere con difficoltà e a ritmo più lento rispetto ai suoi coetanei perché fatica e disperde energie a causa delle sue caratteristiche individuali di apprendimento che la didattica in quel momento non asseconda.

Questo diverso neuro funzionamento è innato e non è transitorio: accompagna l’individuo per tutta la vita.
Quindi non si “guarisce” dai Disturbi Specifici dell’Apprendimento ma le difficoltà che li accompagnano possono essere compensate con il tempo e con una buona attività di potenziamento/riabilitativa.

I DSA sono classificati in base alla difficoltà specifica che comportano. Si dividono in:

Dislessia – disturbo specifico della lettura che si manifesta con una difficoltà nella decodifica del testo;

Disortografia – disturbo specifico della scrittura che si manifesta con difficoltà nella competenza ortografica e nella competenza fonografica;

Disgrafia– disturbo specifico della grafia che si manifesta con una difficoltà nell’abilità motoria della scrittura;

Discalculia – disturbo specifico dell’abilità di numero e di calcolo che si manifesta con una difficoltà nel comprendere e operare con i numeri.

La legge che riconosce l’esistenza, e che quindi tutela coloro che hanno un disturbo specifico dell’apprendimento è la legge 170 del 2010. Questa legge riconosce l’esistenza di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia come DSA e definisce quali strumenti sono necessari per aiutare i bambini che ne soffrono ad avere una esperienza scolastica soddisfacente e positiva. La legge 170/2010 definisce infatti norme che favoriscano l’esperienza scolastica di chi presenta un disturbo specifico dell’apprendimento attraverso particolari ausili e facilitazioni.

In particolare, la legge prevede alcune misure dispensative e compensative per facilitare nei bambini con DSA l’apprendimento scolastico. Le misure dispensative riguardano attività che risultano particolarmente difficili da sostenere per un bambino con un disturbo specifico dell’apprendimento e che sono ritenute non indispensabili per un corretto apprendimento.

Le misure compensative sono invece misure volte a favorire l’apprendimento attraverso strategie educative non-standard.

Gli strumenti compensativi per i DSA sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria, tipica del disturbo. Si distinguono in 

  • “specifici”: strumenti che supportano in modo diretto l’abilità deficitaria (lettura/ortografia/grafia/numero/calcolo), come, per esempio, la sintesi vocale, la calcolatrice, la videoscrittura con correttore ortografico, ecc. 
  • “non specifici” o “funzionali”: strumenti che supportano aspetti deficitari di abilità “trasversali” quali memoria, attenzione, ecc. Tali strumenti sono, per esempio, la tavola pitagorica, le tabelle dei verbi, delle formule matematiche, della sequenza dei giorni/mesi.

Le misure dispensative sono particolari interventi didattici che permettono agli alunni con DSA di non svolgere alcuni compiti o di esserne parzialmente esentati (lettura ad alta voce in classe, studio mnemonico delle tabelline, valutazione degli errori ortografici, ecc.).

Riconoscere, diagnosticare, pianificare e usare interventi efficaci significa creare interventi personalizzati e adeguati alle caratteristiche individuali dello studente e al percorso di studi, che favoriscano e garantiscano l’apprendimento. L’obiettivo è rendere lo studente autonomo o il più autonomo possibile, con tutte le ricadute positive in termini di successo scolastico ma anche di autostima e gratificazione nella sfera personale.
Nei prossimi articoli in dettaglio porremo attenzione ad ogni singolo disturbo, con attenzione a fattori di rischio e soprattutto suggerimenti pratici.

A cura della Dott.ssa Mara Gazzi

Psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale

Bibliografia:

  • Cornoldi, C. (a cura di) (2007), Difficoltà e Disturbi dell’Apprendimento, Il Mulino, Bologna
  • Cornoldi, C. (1999), Le difficoltà di apprendimento a scuola, Il Mulino, Bologna
  • Cornoldi, C. (2017) Le difficoltà di apprendimento a scuola. Far fatica a leggere, a scrivere e a capire la matematica, Il Mulino, Bologna
  • https://www.miur.gov.it/
Le funzioni esecutive

Funzioni esecutive: cosa sono e perché sono così importanti nella vita quotidiana di grandi e piccini

Funzioni esecutive, una parola chiave che sentono spesso le famiglie che si rivolgono a noi professionisti di Studio Progetto Vita; vi state chiedendo come mai? Semplicemente perché sono processi mentali che giocano un ruolo cruciale nell’intero arco di vita di ciascun individuo, influenzando le nostre scelte e permettendoci di raggiungere piccoli e grandi obiettivi. Per definizione le funzioni esecutive sono da intendersi come un insieme di processi psicologici che vengono messi in atto quotidianamente nel raggiungimento di un obiettivo.

Lo sviluppo delle funzioni esecutive ha il suo avvio durante l’infanzia per poi evolvere durante l’età scolare continuando sino alla fase adolescenziale in linea con quella che è la maturazione cerebrale; per parlare in termini più pratici, nei primi 6 anni di vita, le funzioni esecutive sono guidate dal canale verbale per cui è frequente osservare bambini che parlano ad alta voce tra sé e sé mentre svolgono dei compiti o mentre giocano; andando avanti, in età scolare, i bambini iniziano ad interiorizzare i pensieri ed imparano a svolgere le attività in silenzio, riflettendo e seguendo regole ed istruzioni predefinite; solo in prossimità del periodo adolescenziale diverranno in grado di autoregolare le proprie risposte comportamentali e le emozioni. In quest’ottica dunque, al pari di una maturazione a livello di strutture cerebrali, un individuo impara a controllare e pianificare i propri comportamenti in maniera sempre più adeguata e per periodi di tempo sempre più dilatati. 

Ma quali sono queste funzioni esecutive?

I tre processi di base sono l’inibizione, la memoria di lavoro e la flessibilità cognitiva e sono cruciali per la messa in atto di comportamenti più complessi quali l’attenzione e la pianificazione o il problem solving.

Andiamo a vederli più nel dettaglio e comprendendone la loro importanza:

  • INIBIZIONE DELLA RISPOSTA: è la capacità di tenere sotto controllo l’impulso nel fornire una risposta in modo tale da evitare di produrla senza che prima vi sia un ragionamento;
  • MEMORIA DI LAVORO: è la capacità di trattenere a mente le informazioni connesse all’esecuzione di un compito per il tempo necessario a portare a termine l’attività stessa;
  • FLESSIBILITA’ COGNITIVA: abilità di essere flessibile e adattarsi in base ai cambiamenti che si verificano nell’ambiente circostante e che ci consentono di gestire adeguatamente gli imprevisti;
  • ATTENZIONE: la capacità di concentrasri su alcune informazione, selezionando gli elementi che si ritengono più utii tra tutti gli stimoli presenti.
  • PIANIFICAZIONE: è la capacità di ragionare sul raggiungimento di un dato obiettivo immaginando tutte le azioni da compiere per raggiungerlo.

 

Cosa succede se qualcosa non va per il verso giusto?

I bambini o i ragazzi che presentano un’alterazione a livello di funzioni esecutive possono mostrare:

  • Difficoltà nel mantenimento dell’attenzione ed elevata distraibilità
  • Difficoltà nel controllare ed inibire le risposte automatiche
  • Difficoltà nell’eseguire più compiti contemporaneamente
  • Tendenza a procrastinare, lentezza esecutiva e mancata organizzazione e gestione del tempo
  • Difficoltà di pianificazione soprattutto dinnanzi a compiti più complessi

Tutti gli aspetti sopra riportati sono riscontrabili frequentemente in bambini con Disturbi Specifici di Apprendimento o con Deficit di Attenzione e/o Iperattività o più in generale con difficoltà scolastiche. 

Un intervento specifico e mirato al potenziamento di tali processi mentali appare dunque fondamentale per favorire nei bambini e nei ragazzi una miglior autoregolazione comportamentale ed emotiva, attraverso la proposta di strategie efficaci e mirate.

Presso Studio Progetto Vita trovate professionisti che si occupano di questo e che sapranno accompagnare i vostri figli in un percorso personalizzato, a seconda delle caratteristiche e delle fragilità presentate; non esitare a contattarci per qualsiasi informazione in merito e nel mentre continua a seguirci: prossimamente uscirà un articolo in cui saranno proposti alcuni esempi di giochi e attività che possono essere svolte anche a casa e che rappresentano un valido strumento per il potenziamento delle funzioni esecutive di adulti e piccini.

A presto,

 

Dott.ssa Benedetta Levorato

Psicologa dell’età evolutiva

Bibliografia

  • Vicari S. e Di Vara S. (2022), Funzioni esecutive e disturbi dello sviluppo. Diagnosi, trattamento clinico e intervento educativo, Trento, Erickson.
  • Marotta L. e Varvara P. (2013), Funzioni esecutive nei DSA. Trento, Erickson.
Ti manca un “BUON” metodo di studio? Ecco a te 3 consigli utili!

Ti manca un "BUON" metodo di studio? Ecco a te 3 consigli utili!

Studiare:

“Applicarsi all’apprendimento e all’approfondimento di uno o più campi o settori di conoscenza e di esperienza, o anche di un singolo argomento”

(Vocabolario Treccani)

Semplice no? 

Lo studio e l’organizzazione dei compiti non sempre risultano essere cosa facili da gestire. Molti di voi possono aver pensato: “Ora basta, non ce la faccio più”; è proprio per questo motivo che sono qui, per vedere insieme alcune strategie che possono tornare utili nel momento in cui è opportuno fare i compiti o studiare.

Ognuno di noi, durante la nostra infanzia e adolescenza, o nel mondo universitario si è trovato di fronte a libri e libri da studiare e in qualche modo è riuscito a portare a termine il proprio dovere, anche con molta fatica. È bene quindi riuscire ad organizzare lo studio in modo che esso risulti essere meno pesante e lungo nel tempo, trovando il proprio buon metodo di studio. 

Partiamo con il dare una definizione a “metodo di studio”; per metodo di studio s’intende l’utilizzo di strategie, strumenti e tecniche utili all’apprendimento e che in qualche modo facilitano il nostro apprendere. All’interno del metodo di studio sono tanti gli aspetti che troviamo, ad esempio:

  • Pianificazione
  • Organizzazione del materiale e dello spazio di lavoro;
  • Strategie di lettura e scrittura;
  • Motivazione allo studio;
  • Uso di mappe concettuali o mentali.

Ecco allora, 3 consigli per aiutarti a costruire o migliorare il tuo metodo:

  • Costruzione di un planning settimanale o giornaliero per avere una maggiore consapevolezza degli impegni e del quantitativo di studio;
  • Allontanare dal proprio luogo di studio fonti di distrazioni: televisione, cellulare, videogiochi;
  • Costruisci mappe mentali o mappe concettuali utilizzando grafiche o immagini.

Infine, è importante sapere che ogni bambino e ogni ragazzo è unico e con caratteristiche singolari ed è  proprio per questo che non esiste un metodo di studio universale uguale a tutti. Ogni soggetto mette in campo proprie tecniche cognitive e proprie capacità metacognitive. Noi però, possiamo aiutarlo a trovare la strada giusta.

Per altri consigli vieni a trovarci. Ti aspettiamo!

Dott.ssa Ghiraldini Giorgia

Educatore sociopedagogico